piccola autobiografia in 3 puntate. Capitolo primo

Per me il 68 ha avuto inizio il 27 aprile 1966, quando lo studente di sinistra Paolo Rossi morì nella facoltà di Lettere a Roma, precipitando da una balconata a seguito di violenze subite da un gruppo di estrema destra.
Ero entrato nella Facoltà di Architettura nel 1963, quando avevo ancora 18 anni, con idee politiche confuse e una educazione cattolica repressiva frutto di un cultura piccolo-borghese. Per tre anni avevo pensato solo al mio dovere di studente in una Facoltà che stava mutando geneticamente, passando da una formazione di tipo accademico ad una modernista guidata da Bruno Zevi. Una mutazione sostenuta dagli studenti di sinistra tra occupazioni, dibattiti e scontri con gli studenti neofascisti di allora.
Ricordo che ero impegnato in un seminario del corso di Storia dell’architettura del terzo anno, quando entrò in aula uno studente che, con le lacrime agli occhi, gridava: “A Lettere hanno ucciso un compagno, i fascisti hanno ucciso Paolo Rossi!”. Scendemmo in piazza (allora eravamo poche centinaia di iscritti) dirigendoci verso la Città Universitaria. Ricordo, in prima fila, gli studenti del gruppo di sinistra “Goliardi Autonomi” con Andrea Silipo, Renato Nicolini, Sergio Petruccioli e un focoso Massimiliano Fuksas tenuto a bada dal servizio d’ordine.
Nei due anni successivi integrai l’impegno nello studio con una consapevolezza politica orientata a sinistra, ma senza rinunciare ai principi cattolici che mi portavo dentro. Mi riconoscevo nei cosiddetti “cattolici del dissenso” e il mio riferimento era don Milani con la sua “Scuola di Barbiana”. In occasione delle elezioni dei membri dei parlamentini studenteschi secondo lo statuto universitario di allora, uno studente impegnato in politica (con cui avrei avviato qualche anno più tardi la mia attività di architetto) inaspettatamente mi offrì la candidatura nel gruppo cattolico “Intesa”. Ancora più inaspettatamente fui eletto, con l’impegno di costituire una alleanza a sinistra che doveva guidare le attività degli studenti di Architettura. Erano gli ultimi mesi del 1967 e non ci fu tempo neppure di riunire gli eletti, perché montava aria di protesta in molte università italiane. A Torino era stata occupata la sede di Palazzo Campana e a Milano Mario Capanna, già leader degli studenti, veniva espulso dalla Università Cattolica. A Roma, nella mia facoltà di Architettura, le attese per un insegnamento meno accademico e più innovativo erano andate deluse, così come a Lettere e Fisica e persino nella imbalsamata facoltà di Medicina. Già a gennaio 1968, il parlamentino di Architettura era stato spazzato via dalla rivolta degli studenti. Le Facoltà vennero occupate e fu “democrazia diretta” in continue e affollate assemblee.
La mattina del primo marzo 1968, correndo accanto ai binari lungo Valle Giulia e schivando le camionette della celere, ho visto scendere da un tram proveniente dalla Città Universitaria che procedeva lentamente tra i lacrimogeni, la studentessa di lettere che frequentavo da poco più di un anno e che qualche tempo dopo sarebbe diventata mia moglie. Era l’occasione per vivere una scena da film melò che difficilmente si sarebbe ripetuta nella vita: un abbraccio e via, siamo fuggiti per mano verso la vicina Villa Borghese. Quel giorno sono diventato comunista. (continua)
Umberto carissimo, non solo mi è piaciuto l’intera prima puntata del ricordo del ‘tuo’ ’68 (e non sapevo nulla dell’ incredibile incontro con Simonetta) ma mi sono commossa a leggere le prime frasi. Mi piace pensare in quanti modi e quante volte (consapevolmente o meno, felicemente o molto meno) le nostre vite si sono incrociate. È la prima volta che entro in un blog e mi sento un po’ impacciata nello scrivere. Sta ‘male’ se ti mando un’ abbraccio come in whatsApp ? Orietta
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E’ vero tanti ricordi in comune… tra il Circolo La Comune, le vacanze in Grecia e Valdaora e tanti tanti eventi politici e personali, non basterebbero 100 puntate! Grazie e un grande abbraccio. Aggiungo che se guardi a seguire, nel blog ci sono già anche le altre due parti dei ricordi 68, che non ho ancora richiamato su facebook per non appesantire la lettura che in rete non può essere troppo lunga
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