
Scrivo questa nota dopo avere visto ed ascoltato l’intero intervento del Presidente del Consiglio Meloni all’ONU, prima ancora dei commenti che sono in corso di uscita sul web e sui quotidiani.
La prima e complessiva impressione è che di fronte a Trump Meloni sia un gigante per sensibilità istituzionale e capacità comunicativa. Ma non solo per questo, anche perché è riuscita a riproporre gli stessi temi che Trump aveva espresso nel suo consueto modo aggressivo e cialtrone con una retorica moderata, adatta al contesto internazionale. Ma, quali sono questi argomenti?
All’inizio ha ribadito la mutata condizione del mondo rispetto agli impegni di pace dopo la fine della Seconda guerra mondiale, sino ad oggi sconvolto da molte guerre; è stata una introduzione per entrare nel merito della guerra tra Russia e Ucraina e, successivamente, in quella di Israele contro la Palestina. Accenti di schierato atlantismo nel primo caso, senza nessun riferimento alla complessità delle vicende storiche che hanno determinato il conflitto e senza menzionare gli interventi di sostegno militare dei paesi europei. Poi la Presidente, con una forzata semplificazione, ha collegato l’invasione Russa all’Ucraina all’attacco di Hamas con la strage del 7 ottobre. Una implicita identificazione tra Hamas, responsabile della guerra, e Palestina nel suo insieme; un presupposto tipicamente trumpiano. Nessun cenno alla lunga storia del conflitto tra Israele e Palestina e alle sofferenze di quest’ultima, vittima di continue sopraffazioni. Poi, con il consueto equilibrismo che in Italia conosciamo bene, ha confermato la sua nuova valutazione sulla guerra. Ha riconosciuto le responsabilità di Israele per lo squilibrio tra la legittima difesa e le stragi di innocenti in corso, ma ribadendo sino all’ultimo che le colpe sono esclusivamente di Hamas e complimentandosi con Trump per la trattiva di pace che sta portando avanti (?). Dunque, dice Meloni, la posizione dell’Italia è favorevole ai due Stati, ma a due condizioni: il rilascio di tutti gli ostaggi e la esclusione di Hamas dal governo del futuro stato della Palestina. In pochi giorni Meloni è passata ufficialmente dalla irrisione verso chi sosteneva il riconoscimento di uno “Stato della Palestina” perchè – diceva – non esiste, alla intenzione di riconoscerlo anche se non esiste ancora, ben sapendo, però, che le due condizioni al momento non sono attuabili. Una contorsione che non dispiacerà a Trump.
Gli altri temi sono stati la necessità di una riforma strutturale dell’ONU, che consente di entrare nel merito di un argomento caro ai sovranisti: modificare le convenzioni che regolano la migrazione e l’asilo per portare avanti una più energica lotta contro le immigrazioni, per proteggere – ha detto – i cittadini e i propri confini ed esercitare la propria sovranità: anche qui torna, edulcorato, il pensiero trumpiano. Si è poi dilungata sui presunti meriti e risultati del Piano Mattei in Africa, sino a concludere con una dichiarazione avversa alle iniziative contro il riscaldamento climatico molto vicina alla dichiarazione di Trump. Per fortuna, e per l’intelligenza che la distingue dal Presidente USA, Meloni non afferma che il riscaldamento climatico è una “bufala”, ma che la distorsione ideologica del problema sta causando danni alla economia globale; una posizione che, come lei stessa ha sottolineato, la accomuna ad altri paesi europei (che, noi sappiamo, combattono le iniziative della UE contro l’inquinamento ambientale rivendicando l’autonomia sovrana). Non poteva mancare una conclusione platealmente retorica e “cristiana” con una citazione che ha coinvolto San Francesco di Assisi.
