Macro: architettura disegnata e costruita

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Non è facile commentare le opere di colleghi architetti coetanei conosciuti da anni. Con Francesco Cellini in particolare ho anche avuto una particolare frequentazione nell’ambito delle riunioni tra presidi di facoltà di architettura, prima che entrambi completassimo per limiti anagrafici l’impegno universitario. Tra gli architetti romani della generazione nata nella prima metà degli anni Quaranta, Francesco Cellini, insieme a Franco Purini, è considerato la figura di maggiore spicco. Insieme a loro, un po’ più anziano ed oggi scomparso, mi piace ricordare Sandro Anselmi. A differenza di Massimiliano Fuksas, coetaneo impegnato con successo e meriti nella professione, nessuno dei tre potrebbe essere definito “archistar”.

celliniAnselmi, Purini e Cellini, sono accomunati in un analogo itinerario nella disciplina architettonica. Prima studenti eccellenti, poi giovani intellettuali impegnati sia nel progetto di architettura che nell’insegnamento. Forse proprio per le straordinarie capacità nella rappresentazione architettonica, documentata per anni dalla A.A.M. di Francesco Moschini, negli anni Ottanta si sono trovati rinchiusi nel recinto della architettura cosiddetta “disegnata” in quanto priva di esiti professionali. Infine hanno trovato nella maturità, anche a livello internazionale, il credito e i riconoscimenti che meritavano al di fuori delle università, dei concorsi e delle riviste nelle quali per anni avevano riversato le loro capacità di riflessione teorica, di disegno e di invenzione architettonica.

Potrei sbagliare, ma, a differenza di Anselmi e Purini il cui lavoro è stato frequentemente esposto a livello nazionale e internazionale, non ricordo su Francesco Cellini mostre ampie e complete come questa (“Francesco Cellini, strumenti e tecniche del progetto di architettura”), che si è aperta al Macro-Testaccio di Roma lo scorso 11 Novembre e che si chiuderà il 15 gennaio dell’anno prossimo.

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L’allestimento, ideato dallo stesso Cellini insieme alla curatrice della mostra María Margarita Segarra Lagunes, ripropone il carattere artigianale del lavoro dell’architetto, svolto su tavoli orizzontali completi di sgabello e lampada, con parallelinei e strumenti amanuensi, emblematicamente accostati ai disegni di una delle opere più importanti e sfortunate di Cellini, il progetto per un Nuovo Padiglione Italia ai Giardini della Biennale di Venezia.

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La mostra evidenzia il valore del disegno a mano d’autore. Attraverso un itinerario cronologico che pone in parallelo l’esito finale con gli schizzi e i disegni delle diverse fasi progettuali, dimostra come in nessun modo l’impiego della tecnologia possa fare a meno di una paziente ricerca sulla figura architettonica con la china, la matita, il pastello e gli altri strumenti tradizionali del disegno. Così il visitatore non avverte nessun cambiamento sostanziale nella rappresentazione dei progetti, che solo raramente in alcuni concorsi si affidano alla rituale pratica della renderizzazione al computer.

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cellini-9Tra le architetture di Cellini emerge il progetto per il Padiglione Italia della Biennale, che, partendo dall’omaggio ad un celebre progetto di Louis Kahn, ridefinisce il concetto stesso di padiglione espositivo, senza rinunciare alla costruzione di uno spazio architettonico misurato seppure monumentale.
Resta il rammarico per la sua mancata realizzazione, situazione che non vorremmo si ripetesse per un altro ottimo e più recente lavoro, la sistemazione di Piazza Augusto Imperatore. Va infine riconosciuto all’autore il merito di avere sempre voluto indicare nella mostra i nomi dei coautori o collaboratori, da Nicoletta Cosentino sino ai giovani del gruppo Insula ed altri allievi.

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