Grillo e le Destre hanno vinto, Renzi ha perso. Ma non era un referendum su modifiche costituzionali? Resto convinto che sulle modifiche alla Costituzione proposte dal governo ci sarebbe stato un ampio consenso qualora fossero state condivise con altre forze politiche. In ogni caso il referendum doveva essere tenuto lontano da qualunque sottolineatura di partito.
Io non penso, come tanti, che Renzi non abbia saputo ascoltare le voci di dissenso che provenivano da tutta Italia (semmai il problema riguarda il PD nel suo complesso), penso invece che, quando la gente sta male, grida forte il suo NO contro il potere, di qualunque colore sia. Facile quindi per i partiti di opposizione – e particolarmente Cinque Stelle, Lega e Forza Italia – chiamare a raccolta i propri elettori e farli votare contro il presunto “dittatore”. I numeri lo confermano: 59 contro 41.
Certo, da un punto di vista strettamente “politico” non ha vinto la minoranza PD come non hanno vinto i simpatizzanti di SEL e neppure i fautori del “tanto peggio tanto meglio”. Non hanno vinto, ma la divisione della Sinistra ha pesato nella consultazione. Solo l’idea che fra qualche mese Di Maio o Di Battista possano diventare Presidente del Consiglio apre scenari molto cupi. Cosa che certamente accadrà se la Sinistra non riuscirà a formare una unica coalizione. E la prima cosa necessaria sarà di dare corpo alla Sinistra Italiana costituendola in un partito disponibile alla coalizione con il PD. Alcuni segnali di Pisapia sembrano augurare bene.
Lo avevamo capito tutti già da tempo che Renzi aveva commesso almeno tre errori capitali. Il primo di provocare il muro contro muro con la minoranza del suo partito, dimenticando che un vincitore saggio non mortifica il perdente, ma ne riconsidera politicamente la presenza. Il secondo di sopravvalutare la vittoria alle elezioni europee e di personalizzare il referendum costituzionale, fornendo un inatteso dono alle opposizioni per trasformare il referendum in un plebiscito contrario. Terzo, di peccare di presunzione rispetto ai risultati del suo governo, certamente importanti, ma non tanto decisivi da richiamare il consenso del grande popolo degli scontenti e delle vittime di tanti anni di crisi economica ed occupazionale.
Questa contingenza elettorale è stata aspra come mai prima. Eppure poco hanno contato i talk show televisivi nei quali i soliti noti hanno consumato fiumi di parole per demolire gli avversari più che per chiarire le proprie idee. Come poco hanno contato i giornali schierati, anche quelli più apertamente faziosi. E pochissimo tutti coloro che sulla stampa di qualità o nei convegni hanno cercato di circoscrivere e chiarire i temi in discussione. Questa, almeno in Italia, è stata la prima occasione elettorale che si è quasi interamente giocata sul web e sulle piattaforme social (Facebook, Twitter, Blog, WahtsApp ,SMS, ecc…). Il web è stato l’enorme palcoscenico del conflitto, i social l’arma ufficiale di una battaglia nella quale non ci sono state regole né limiti.
E qui, per una volta, devo dare ragione ai Grillini: nello spazio immateriale della rete uno vale uno. Inutili quindi gli incontri pomeridiani di Renzi sul suo sito Facebook, perché era “uno” contro migliaia di “uno”. E in quella sede credo che Renzi non abbia convinto nessuno, ma abbia solo dato sfogo alla rabbia dell’avversario, peraltro quasi sempre di giovane età. Molto più astuta le gestione Casaleggio, che sa regolare e filtrare i suoi sostenitori, ma che soprattutto ha saputo strutturare il linguaggio dei social fondandolo sul “vaffa”. Questa indicazione da una parte ha spazzato via ogni possibile intervento della ragione, dall’altra ha potuto liberare lo sfogo di pancia, contagiando e inquinando la rete. Così la discussione tra sostenitori del SI e del NO ha preso la strada dell’insulto volgare ai livelli più beceri (ricordiamo quanto capitato alla Boldrini), e dell’anatema intellettuale ai livelli più composti. Poca riflessione, pochissima saggezza, quasi inesistente l’ironia.
Dunque la Sinistra, ancora una volta quando divisa, perde una consultazione elettorale. La divisione della sinistra in Italia c’è e c’è sempre stata, anche se emerge nelle occasioni elettorali. Per quanto ho vissuto, risale addirittura agli anni Sessanta, quando dal Movimento Studentesco nacquero i gruppi “estraparlamentari” e dalle lotte operaie la scissione del Manifesto. A me però non interessa tanto quella dei partiti, determinata dai cosiddetti “spazi politici” elettorali. Per intendersi quella che un tempo partorì lo PSIUP tra PCI e PSI e più tardi, quando fu fondato il PDS fece nascere Rifondazione Comunista, sino alla recente distinzione tra PD e SEL, a volte uniti e a volte divisi.
A me, almeno in questa sede, interessa quella divisione più sottile, diffusa e radicata che ci coinvolge all’emergere di contraddizioni e conflitti sociali, e che ci fa oscillare da una parte o dall’altra obbligandoci a decisioni sofferte davanti al voto. E’ una divisione della sinistra che assume aspetti molteplici. Sullo sfondo c’è la storica contrapposizione tra diverse figure sociali: una volta era tra classi, e cioè tra il “comunista borghese” ed il “comunista operaio”.Oggi è una divisione più ambigua e sfumata, che, a parte la posizione di alcuni intellettuali radicali, in genere si conforma sul reddito. Ad esempio gli insegnanti nella scuola possono essere vicini agli impiegati nel terziario, ma possono anche trovarsi in disaccordo con gli operai delle fabbriche, maggiormente supportati dai sindacati. Gli stessi sindacati di sinistra possono confliggere con i partiti ufficiali della sinistra soprattutto quando questi sono al governo (cfr contrasti tra Governo Renzi e CGIL). Ricordiamo tutti i disagi dei militanti bertinottiani e cossuttiani quando da una parte appoggiavano i Governi Prodi e D’Alema e dall’altra li avversavano nelle piazze. Ma erano gli ultimi spunti di quella sinistra che in parte si dichiarava ancora “comunista”.
Nelle polemiche divisive di oggi, vedo due punti di vista diversi. Da una parte una visione riformista e pragmatica che rompe gli schemi del passato e chiede un rinnovamento anche radicale della guida politica, dall’altra una visione più ideologica, che vuole conservare le parole d’ordine tradizionali, rigettando alleanze e compromessi. Entrambe le posizioni naturalmente si rifanno ai valori del socialismo e della democrazia ed entrambe si battono per una maggiore giustizia sociale.
I primi, più numerosi, sono in genere gli elettori del PD che hanno ritenuto l’attuale governo in grado di avvicinarsi a questi obiettivi proprio in virtù della capacità di mediazione e di realismo; i secondi, meno numerosi e più frammentati, fanno riferimento a piccoli partiti od organizzazioni che da tempo non si riconoscono nel PD, ma ritengono che queste mediazioni e compromessi abbiano snaturato il concetto stesso di “sinistra”.
La divisione a sinistra si complica ancora di più quando entrano in gioco le realtà marginalizzate: disoccupati, precari, sottoccupati, studenti e giovani delle periferie aggregati in gruppi “antagonisti”, impiegati ed operai a basso reddito, pensionati dimenticati, e più in generale il popolo di sinistra nelle regioni più disagiate del paese. Qui pesano i problemi del quotidiano, la disoccupazione e lo spettro della povertà. Le distanze si fanno più nette e si ribaltano i rapporti numerici. Il conflitto diventa non solo ideologico, ma esistenziale e declina nella protesta politica sino a sconfinare nel voto populista. Così la sinistra perde pezzi.
Una terza componente di questa diaspora nasce da forme di avversione per i protagonisti della scena politica. Un personaggio di rilievo come Renzi, con il suo talento politico, ma anche con la sua presunzione e il suo egocentrismo non piace alle componenti più sofisticate della sinistra. Costoro promuovono una intransigenza travestita da coerenza ideologica che nuoce ad una coesione di azione politica e, volontariamente o involontariamente favorisce il populismo, il pensiero più lontano dalla tradizione del socialismo internazionale.
Sono molto d’accordo !
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Mi fa piacere, grazie. Siccome sei amico di Stefano e Mattia, vedi un po’ che ne pensano, perchè già qualcuno sta cercando di affossare Pisapia
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