IL MONDO CAMBIA, E LA LIBERTA’?

Dopo avere pubblicato, suddivise in 4 parti, alcune considerazioni sul libro di Aldo Schiavone SINISTRA! Un manifesto, ho letto un altro libro, scritto in forma di dialogo tra Ferdinando Adornato e Rino Fisichella, titolato LA LIBERTÀ CHE CAMBIA, dialoghi sul destino dell’occidente. Schiavone e Adornato esprimono idee diverse a partire da una diversa formazione: il primo, giurista, accademico e saggista, il secondo, filosofo e giornalista, impegnato in un alterno percorso politico che lo ha visto per quasi venti anni in Parlamento. Ma entrambi cercano di reinterpretare i cambiamenti che investono il pensiero politico contemporaneo: Schiavone guardando ad una sinistra da ricostruire nella contemporaneità e Adornato ad una destra moderata, che guarda ai fondamenti culturali e religiosi dell’Occidente. Entrambi insofferenti per le ideologie che chiudono i partiti entro rigidi steccati, cercano di ridefinire le identità di un pensiero progressista l’uno, conservatore l’altro.

Nello scritto che segue mi riferirò solo al pensiero di Adornato tratto dai primi quattro capitoli del libro La libertà che cambia. Naturalmente mi scuso in anticipo per qualche errore di interpretazione e per le tante probabili omissioni. Dopo avere sintetizzato alcuni concetti che ho trovato più stimolanti, capitolo per capitolo, il corsivo che segue è il relativo commento, che ho cercato di esprimere in modo obiettivo, anche quando le mie idee non coincidono.

Tema 1, Tramonto dell’Occidente

Adornato parte da due coppie dialettiche che caratterizzano la civiltà occidentale, nel senso che l’una si riflette nell’altra: libertà e persona e verità e democrazia. Entrambe hanno origine nel pensiero cristiano, dunque la caduta dei valori del pensiero cristiano rischia di far perdere all’occidente libertà e democrazia. Adornato, in modo esplicito, ritiene la cultura occidentale una civiltà superiore che noi dobbiamo difendere.

Questo è un pensiero che definirei “ideologico”, perché parte da un assunto e non da un confronto, è di “destra” perché identitario nel senso di un posizionamento dovuto alla propria nascita, è “dogmatico” perché si propone come unica verità. Io condivido la visione di un Occidente che tramonta, ma, a differenza di Adornato lo ritengo un inevitabile passaggio storico, conseguenza non tanto della caduta dei valori, quanto della sconfitta dell’Occidente nei confronti del “resto del mondo” e soprattutto di quello orientale. Una sconfitta che si misura sul piano economico-produttivo e, più in generale, sulla maggiore capacità di interpretare il progresso. Nel momento in cui i popoli “non-occidentali” non sono più “terzo mondo”, ma escono dallo storico stato di inferiorità economica, il processo di crescita diventa esponenziale. A mio avviso l’egemonia produttiva – non sappiamo quando, fra 50, 100 anni, o forse più – si sposterà nell’est afro-asiatico e l’occidente resterà uno straordinario museo di valori e di cultura. Non ci piace, ma sarà così. Se pensiamo al tramonto di Roma, due millenni fa “caput mundi” e oggi, appunto, malmesso simulacro della sua storia, si può capire meglio il concetto.

Adornato invita a impegnarci per ripristinare l’egemonia dell’occidente; e la posizione sulla guerra in Ucraina, che deve essere estrema e senza compromessi di pace sino alla vittoria totale, è coerente con quell’invito. Più avanti, Adornato, tornando sul mutuo rapporto tra verità e libertà, sviluppa alcune considerazioni dalle quali sembra di capire che i guai del mondo – guerre, fame, povertà, emigrazioni… – non abbiano origine dalla complessità e diseguaglianze del pianeta, ma proprio dalla caduta del cristianesimo, con un accenno ai meriti di Karol Wojtyla versus gli errori di Jorge Mario Bergoglio. Dunque, essendo il cristianesimo l’unica religione fondata sulla libertà, Adornato spiega che difendendo la sua religione l’occidente difende sé stesso.

Se è vero che la cultura cristiana esprime valori fondamentali, come la pace, la tolleranza, il rispetto del prossimo e della vita, ecc… è anche vero che non sempre questi valori si coniugano con le attuali democrazie “cristiane”, così dichiarate da un punto di vista confessionale, ma molto poco cristiane nell’agire politico, soprattutto a livello internazionale: imperialismi del passato, egemonie finanziarie e guerre locali nel presente, commercio di armi e, soprattutto negli USA, uso privato delle armi e mito del Dio Danaro.

Tema 2, Autocrazie vs democrazie

Adornato ci spiega che è possibile definire le Autocrazie con tre “P”: Populismo, come scontro tra élite e popolo; Polarizzazione, come conflitto tra identità: Post-verità, come sistema di comunicazione che non consente di cogliere la distinzione tra il vero e il falso. Per quanto riguarda le Democrazie, introdotto da Fisichella che mette in evidenza la superficialità e la decadenza della classe politica, Adornato conferma quella che è ormai una valutazione condivisa da molti, ovvero la frattura tra popolo e potere che motiva con un deficit decisionale, una decadenza della qualità della classe dirigente e una incapacità di guardare al futuro che, così, diventa imprevedibile per tutti. Come rimedio vede la necessità di sapersi rinnovare recuperando la tradizione.

Trovo interessante il ragionamento sulle tre “P” e condivido anche le ragioni di una frattura la cui massima evidenza è l’incremento progressivo degli astenuti al voto. In linea generale come non condividere l’affermazione sul rapporto simbiotico tra rinnovamento e tradizione? Ma, attenzione, come si sviluppa questo rapporto? Secondo me, nel concreto, recuperando la tradizione non è facile rinnovarsi, perché questo termine significa “farsi nuovo”, dunque, come è possibile rendere il rinnovamento compatibile con quello che “c’era prima del nuovo”, ovvero con i valori della tradizione”? Non viene usato un termine più calzante, “Progredire”, che invece significa “andare avanti”. E proprio su questo si gioca la distinzione tra Destra e Sinistra, oggi generalmente indicata come antinomia tra Conservatori e Progressisti (su cui Adornato tornerà più avanti). Io invece identifico il termine “progresso” con il termine “modernità”, che, per me è quell’insieme di atti contemporanei che si materializzano nel campo civile, sociale, letterario, scientifico e artistico, e dunque politico, i quali, senza entrare in conflitto con l’antico, riescono a depositarsi nella realtà e nella memoria collettiva. Ne consegue che ogni valore del passato è stato, nel suo tempo, un fenomeno di modernità.

Tema 3, La civiltà digitale

Ho letto con interesse questo capitolo che Adornato imposta sulla distinzione fondamentale tra “comunicazione” e “comunicatività” e sulla incapacità dei nuovi mezzi di comunicazione di affrontare il problema della complessità. Mi ha riportato ad un libro di cinque anni fa, che avevo letto molto volentieri, “The Game” di Alessandro Baricco, con la differenza che allora c’era il fenomeno esplosivo, ma nazionale, del populismo Cinque stelle, mentre oggi la crisi internazionale ci mette di fronte ai pericoli delle autocrazie.

Ho però qualche dubbio sulla affermazione che le autocrazie si adattino meglio delle democrazie alla civiltà della immediatezza, ovvero della sintesi vs analisi, della velocità vs profondità, della linearità vs complessità. Certo, l’autocrazia esercita l’affermazione apodittica e non ama essere controbattuta, ma sono d’accordo con Fisichella non tanto sulla necessità di trovare limiti e vincoli alla civiltà digitale, quanto sul fatto che sono state proprio le democrazie liberali occidentali a spingere le nuove tecnologie verso questo modo di comunicare. Di per sé la civiltà digitale non è né un bene né un male. Come tutta la scienza, dipende dall’uso che se ne fa. Ovvio, ma vero.

Tema 4, Individuo o persona

human rights Concept. Chart with keywords and icons. The meeting at the white office table

Adornato parte da una considerazione di base: che dal ’68 in poi si sia consolidata l’idea che il benessere sia direttamente proporzionale alla estensione dei diritti individuali. Anche se la chiama semplicemente “strada laicista” è subito evidente l’allusione al pensiero progressista e di sinistra come portatore di una teoria che “mette fuori gioco qualsiasi nozione di etica pubblica”. Per supportare questa considerazione parla di consumismo bio-tecnologico identificato nei surrogati della procreazione tradizionale e, più avanti, nella confusione sessuale delle posizioni LGBT. Secondo Adornato la rottura filosofica degli anni Sessanta ha introdotto l’ideologia del Liberismo etico associata a quella del desiderio, ovvero del rifiuto di ogni limite o prescrizione. Spostandosi dal piano filosofico a quello politico Adornato arriva a sostenere che la Sinistra ha la grave colpa di “confondere una bellissima parola, ‘laico’, con una più cupa e angosciante: ‘nichilista’… e che ogni desiderio umano possa e debba diventare un diritto.” La conclusione del capitolo arriva finalmente all’osso del tema, affrontando la contrapposizione tra Conservatori e Progressisti, che sviluppa in forma di catalogo con una certa obiettività – qui Adornato mostra di essere (o essere stato) anche un abile politico – senza però evitare di cadere in qualche eccessiva semplificazione e nella consueta critica all’intellettuale di sinistra.

Adornato possiede una profonda cultura filosofica, con la quale io non sono in grado di confrontarmi. Dunque, mi esprimo solo come cittadino orientato a sinistra proprio dall’esecrato ’68, quando ho rifiutato una superficiale educazione familiare cattolica accorgendomi di essere ateo. Ma ricorderò sempre le parole del prete di “scuola Barbiana”, che mi conosceva bene, nell’ultima confessione: “Le cose che mi hai detto, la vita che hai fatto come giovane e che hai intenzione di proseguire come adulto” – mi disse – “esprimono i valori della cultura cristiana, non importa se non hai la fede, lascia pure la Chiesa e vai avanti così”. Da allora ho fatto militanza politica di base, ho avuto molti amici che la pensavano come me, anche cattolici praticanti, ho letto, studiato, lavorato e insegnato pensando a sinistra, sono anche stato iscritto per alcuni anni al Partito Democratico, ma non ho mai incontrato nessuno di loro che concepisse il benessere di una democrazia direttamente proporzionale ai diritti individuali. Tutt’altro: ho sempre ascoltato o letto risposte a questo tema nel nome dell’interesse collettivo, dell’eguaglianza, della tolleranza, della solidarietà, del rispetto per gli altri. All’opposto invece ho verificato come il pensiero di Destra che ho conosciuto negli anni – non mi risulta che in Italia ci sia mai stata sino ad oggi una Destra diversa – fosse proprio indirizzato alla esaltazione dell’individuo contro i valori che io professavo. Basta pensare ai governi Berlusconi del popolo delle libertà – sottolineo il nome del partito! – o a quello gialloverde di Salvini e Conte. Il “problema gender”, oggi di moda con una insopportabile sovraesposizione mediatica, ma di cui ci si accorge realmente solo quando 50.000 persone sfilano mascherate o seminude, mi sembra improprio per sostenere la tesi di questo quarto capitolo. Forse confondiamo il concetto di libertà individuale con il rispetto delle minoranze? Essere nazionalisti e identitari è forse indicativo di un impegno civico e sociale collettivo? Non sarà che talvolta la dotta riflessione filosofica, volando troppo alta, non riesce ad atterrare nella realtà?

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