TRE DONNE, TRE AMBIGUITA’

Come ho già scritto su questo blog, non ho gli strumenti di conoscenza e critica per recensire un film, ma scrivo di cinema quando emoziona e fa riflettere. È il caso di Emilia Pérez, un film del 2024 diretto da Jacques Audiard, che ha vinto premi a Cannes e del quale si discute molto. Tre sono le considerazioni che vengono in mente. La prima è che, se il cinema è espressione artistica complessa che mette insieme storie, fantasia, realtà, umanità, violenza, immagini, musica, paesi, città, contesti sociali, allora Emilia Perez rappresenta al meglio questa capacità di sintesi creativa. La seconda è che la vita si sviluppa su binari dai quali non è possibile uscire: si può andare dritti, deragliare o fermarsi, ma non ci sono scambi di direzione. La terza è che la persona umana  può modificare o simulare comportamenti, ma non soffocare né imporsi sentimenti che non siano l’espressione della propria vita.

Qualcuno definisce Emilia Perez un “musical”, altri un thriller, altri ancora un film sulla ambiguità della coerenza o tragedia della violenza. In realtà è tutto questo messo insieme. La musica di forti percussioni e di parole mordenti, insieme alla danza di corpi morbidi e colori emergenti dal buio, è l’astrazione dei momenti topici della storia e la sottolineatura dell’azione scenica. Il racconto mette in scena il dramma della solitudine, gli affetti della famiglia, il senso della sessualità, l’avidità del denaro, la forza delle passioni la violenza della sopraffazione. Le figure delle tre donne protagoniste rappresentano le diverse ambiguità della umanità contemporanea: eticamente, sessualmente e sentimentalmente. In un paio d’ore si vive dentro una performance di grande cinema.

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