
Un padre alla ricerca di un figlio mai conosciuto, come, all’opposto, un figlio che desidera conoscere il padre ignoto, è un tema che non solo appartiene alle dinamiche attuali tra donna e uomo, ma non è estraneo neppure al cinema. Un film coprodotto da Germania e Italia, Paternal Leave – titolo intraducibile che sembra un refuso – scritto e diretto da Alissa Jung, apprezzato e premiato al Festival di Berlino 2025, ci racconta, appunto, di una adolescente tedesca alla ricerca dell’ignoto padre. Senza indulgenze né retorica, il film affronta tutte le ferite che si aprono in un incontro istintivo e caparbio da parte della ragazza (Leo, interpretata da Juli Grabenhenrich ), ma inatteso e destabilizzante dalla parte del padre (Paolo, interpretato dal marito della regista, Luca Marinelli).

Paternal Leave ci accompagna dentro la sensibilità dei due, misura nel profondo le loro reazioni, evidenzia le differenze tra responsabilità e ruoli diversi: da una parte il coraggio e la testardaggine di una sedicenne che rivendica il diritto e l’affetto di un padre, dall’altra la fragilità e le paure di un quarantenne che vive solo in un paesaggio marino desolato. Paolo ha avuto un’altra figlia da una nuova donna, compagna a mezzo tempo, con le quali vorrebbe finalmente vivere un sereno rapporto familiare. Con Leo non è un “incontro”, è uno “scontro” sul problema di un rapporto mai esistito: da una parte il desiderio di avere un padre, dall’altra la memoria di un passato che si credeva perso nel tempo.


In una situazione del genere dovrebbe entrare in gioco un giudizio morale: il diritto della figlia, che arriva ad esprimere un incompreso affetto anche verso la piccola sorellina, e la colpa del padre, disturbato da questa inaspettata intrusione. Ma l’autrice del film, con grande sensibilità, senza fare sconti alle evidenti colpe del padre, non giudica, lascia allo spettatore ogni considerazione in merito. E lo spettatore vive in pieno la vicenda, forse non ce la fa neppure a condannare il padre, ma soffre insieme a Leo per il disperato bisogno di un affetto paterno, alterna rabbia a commozione vedendo i due che si avvicinano, si sfiorano, poi si allontanano.

Ma c’è anche un altro modo di intendere il film, e cioè da una parte il carattere di una giovane donna che, negli anni della maturazione, con coraggio si ribella ad uno stato di fatto ingiusto e non si ferma, dall’altra la fragilità di un uomo adulto, ma immaturo, che fatica ad elaborare una inattesa condizione affettiva. In fondo è un “coming of age” per entrambi.

Avevo sentito Marinelli che presentava questo fim della compagna da Gramellini e mi aveva incuriosito. La tua recensione mi ha non solo incuriosito ma messo voglia di verlo questo film. Bravo Umberto
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