
Se andate a vedere il film Una battaglia dopo l’altra, nei primi quindici minuti non vi spaventate, perché il regista Paul Thomas Anderson vi aggredirà con una sfrenata sarabanda di esplosioni, spari, musiche, fughe, luci, colori, donne sexy, uomini truci, bianchi e neri, tutto ad un ritmo frenetico. È l’introduzione ad un viaggio dentro una realtà fantastica di crisi familiari, diseguaglianze sociali, persecuzioni di genere o razziste; reale perché coglie le contraddizioni del presente, fantastica perché trasfigurata dal cinema. Vi accompagneranno 3 grandi attori: Leonardo Di Caprio, Sean Penn e Benicio del Toro.

Il tema del film ruota attorno al concetto di “rivoluzione”, interpretato in modo “classico”, ovvero, che alla violenza subita, si debba rispondere con la violenza; ma il cinema viene in soccorso ad un concetto oggi reso obsoleto e inaccettabile da un bisogno di pace calpestato da guerre e violenze scatenate dai potenti della terra. Così, collocandosi in continuità con il migliore cinema americano degli ultimi decenni, da Tarantino ai fratelli Coen per intenderci, ma allargando l’orizzonte alle tematiche del sociale, il film fa ampio uso del paradosso e dell’ironia. La complicata trama del film, della quale evito di fare spoiler, parte da un disagio familiare e via via si apre a problemi oggi particolarmente gravi negli Stati Uniti, come le diseguaglianze economiche, la questione di genere, il razzismo verso i neri, la persecuzione delle comunità messicane. Infine, torna alla dimensione familiare di un conflitto tra padre e figlia per concluderla con una spettacolare ripresa e montaggio di un inseguimento a tre di automobili in corsa raramente visto al cinema.

Il film, completato in questi ultimi mesi, è stato scritto e realizzato ben prima della elezione di Trump, ma è difficile non collegarlo alla attualità. La sua uscita in queste settimane, dopo le recenti ripetute esternazioni da “bullo” del Presidente degli Stati Uniti, accompagnate dai provvedimenti illiberali nei confronti di immigrati regolari o irregolari, dalle parole di odio verso gli avversari politici, e dalle affermazioni truci del suo entourage, abbraccia in pieno l’attualità USA e forse anche la nostra in Italia. Il racconto ha preso spunto dal romanzo Vineland di Thomas Pynchon, ma utilizza in pieno il mezzo cinematografico, e cioè è “cinema” al massimo livello di tutte le sue componenti: dalla sceneggiatura alla regia, dalla fotografia al montaggio, dal suono alla musica.


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