I seguaci dello stragismo

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The Following – una serie TV prodotta dalla FOX in onda tra il 2013 e il 2015 – racconta di una setta di serial killer guidati da un capo carismatico (un intellettuale studioso di Edgar Allan Poe) che, sulla base di presunti spunti ideologici, imperversa negli USA uccidendo a caso e in luoghi diversi. La serie, molto violenta, non è un granché e dopo la prima stagione, appare ripetitiva e noiosa. Ricordo però che, nel vederla, la cosa che mi dava più fastidio e che giudicavo irreale e cinematograficamente impropria era la mancanza di una finalità comprensibile nel praticare l’assassinio. Non avrei mai pensato che appena due anni dopo si sarebbero verificati in tutto il mondo eventi simili.

Dal 2001 in poi siamo stati colpiti da azioni terroristiche motivate dall’odio per l’Occidente di associazioni criminali che si ergevano a difensori del popolo musulmano, della sua storia e della sua religione. Rappresaglie dell’Occidente in forma di guerre distruttive o di abbattimento improvvido dei dittatori in Africa o Medio-Oriente, hanno gonfiato quest’odio che si è riversato anche tra le diverse etnie delle popolazioni islamiche con reciproci atti di guerra e terrorismo. Così il mondo è nel caos, tra guerre, terrorismo, centinaia di migliaia di morti e migrazioni. Ma ancora tutto, fino a pochi mesi fa, aveva un senso.

Torniamo al confronto con la serie TV. Nella fiction la setta è organizzata materialmente attorno ad un capo reale, nella realtà di questi ultimi mesi l’associazione diventa immateriale, il capo – o i capi – sono lontani e forse mai conosciuti, anche i componenti della setta non si conoscono tra loro e l’associazione è virtuale, legata anche qui da vaghi richiami ideologico-religiosi, il collegamento è in rete, nel web. O forse il collegamento non c’è proprio, ogni mostro disperato agisce per se, contro se, contro tutti. Dentro la comunicazione, spietata, che ti condanna ma ti esalta.

Per quanto Daesh – perdente nella guerra sul campo – si sforzi di rivendicare le stragi di queste ultime settimane, appare sempre più fragile il collegamento ideologico o religioso e sempre più forte lo spirito di emulazione costruito sulla comunicazione immateriale. Il web è uno straordinario strumento di comunicazione, ma guai a considerarlo espressione di verità. Le persone più fragili, orientate alla depressione come alla esaltazione, spesso immigrate ma emarginate, predisposte a cadere in quella follia omicida che credevamo diffusa solo negli USA, diffondono la loro rabbia ovunque, forti di una giustificazione per noi sempre più incomprensibile. I seguaci dello stragismo hanno trovato nel web la loro patria?

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