Paterson è una città del New Jersey, è il titolo di un volume di poesie dello scrittore William Carlos Williams ed è il nome del protagonista dell’omonimo film. Da questo triangolo concettuale nasce il film di Jim Jarmusch (tra i lungometraggi: Down By Low, 1991; Dead Man, 1995; Ghost Dog, 1999). Un film importante e da vedere, che è piaciuto molto a Cannes ed alla critica, ma difficilmente potrà piacere a chi, nei film, cerca una storia. Un film intimista, la descrizione più che la narrazione.
Lo sfondo è una città industriale nella quale unica attrattiva sembra essere il fiume con le sua cascate e l’acqua schiumosa. Il tema è la poesia minimalista ispirata a Williams e alla sua volontà di esprimersi descrivendo l’ordinario con un linguaggio semplice ed immediato. Il protagonista è un conducente di bus che trova conforto nella routine delle sue giornate appuntando pensieri poetici.
La grande poesia del passato, per intendersi, quella di Dante e di Petrarca viene appena evocata come richiamo severo ma lontano (e qui Jarmusch svela la sua stima e amicizia per Benigni frutto di due collaborazioni cinematografiche). Le giornate vuote che il protagonista riempie con i piccoli eventi quotidiani coincidono con le pagine bianche nelle quali la matita di Paterson compone le sue strofe. La piatta sequenza della vita vissuta coincide con la piana composizione dei pensieri poetici.
Paterson città e Paterson driver diventano entità parallele. Così il guasto del bus costretto a fermarsi diventa presagio del piccolo dramma finale. La poesia segreta che nasce dalla sensibilità di Paterson (Adam Driver) è apprezzata dalla moglie (Golshifteh Farahani), seppure distratta dai suoi personali piccoli sogni. Ma è destinata all’oblio. Forse la poesia è qualcosa che appartiene solo a chi la scrive.