- MINIMO CONSUMO DI SUOLO
Non è un affermazione “ideologica”. E’ opportuno ricordare che il suolo è un bene fondamentale che va salvaguardato, sia per l’immagine della città che per la qualità della vita. Occorre costruire nel costruito.
Dopo la brutale speculazione edilizia per la ricostruzione post-bellica tra gli anni Cinquanta e Settanta del secolo scorso che ha saturato le aree immediatamente circostanti il centro storico e creato le prime grandi periferie romane, l’attuazione dei piani per l’Edilizia Economica e Popolare (leggi n.167 e n.865) sulla base del P.R.G. del 1962 (e delle varianti successive) ha soddisfatto la domanda di abitazioni eliminando la vergogna delle baracche e sanando l’abusivismo nelle sacche del degrado periferico. Nel frattempo, però, Roma cresceva a dismisura e il suolo libero si riduceva. In un passato recente, nonostante un nuovo PRG (2008) finalizzato alla tutela del centro storico, alla salvaguardia delle aree verdi semi-centrali e alla realizzazione di nuove centralità nelle aree periferiche, è stato applicato in modo sconsiderato il criterio della perequazione compensativa (riduzione di volumetria edificabile nelle aree centrali in favore di incrementi di cubatura in aree periferiche) che regolava il rapporto con i costruttori privati. Il risultato è stato un alto consumo di suolo con nuovi insediamenti dispersi nello sterminato territorio comunale, in cui la mobilità è esclusivamente quella delle auto private. Non si deve consumare più suolo libero se non per realizzare servizi primari, attrezzature di interesse strategico per la città e infrastrutture di trasporto pubblico. Al tempo stesso non bisogna demonizzare ogni iniziativa edilizia ma valutarla nelle sue necessità e finalità, perché risparmiare suolo non significa abbandonare territori al degrado ambientale.
- RECUPERO FUNZIONALE DALL’ABBANDONO
A Roma ci sono una infinità di edifici in buona condizione edilizia non utilizzati o utilizzati impropriamente. Alcuni sono di proprietà pubblica, altri privati. Devono diventare occasione per la realizzazione di housing, servizi o attrezzature mancanti nei diversi quartieri e soprattutto in quelli più lontani dal centro, oppure, se centrali e ben serviti con la mobilità pubblica, utili alla scala urbana.
Se il caso, il recupero funzionale potrà essere realizzato in accordo con il privato, ma sempre con principi di destinazione pubblica. Innanzi tutto, quando possibile e bene integrate nel territorio, adattati a residenze di assegnazione pubblica. Altrimenti spazi aperti o a verde di uso pubblico, luoghi per l’arte, la cultura, lo sport e il tempo libero, ostelli o case dello studente, centri per attività scientifiche, culturali, ecc…
- RIGENERAZIONE DAL DEGRADO
Aree o singoli edifici in degrado sono presenti in tutta la città. In queste situazioni, il recupero dei volumi dovrà tenere conto dell’eventuale valore storico non solo del singolo edifico ma dell’intero complesso urbano al quale appartiene.
Dopo le opportune verifiche si potrà provvedere alla demolizione ed eventuale ricostruzione. Per le destinazioni d’uso, in relazione al carattere pubblico o privato dell’area, vale lo stesso ragionamento del punto precedente, ponendo al primo posto sempre l’esigenza di case popolari di assegnazione pubblica e/o servizi e attrezzature di uso collettivo.
- VALORIZZAZIONE DELL’ESISTENTE
Per “valori della città” intendiamo monumenti, edifici, tessuti urbani, spazi aperti, arredi, parchi e giardini non necessariamente di pregio storico, che hanno rappresentato valori riconosciuti e apprezzati a scala locale e metropolitana.
C’è una Roma bella, ma buia in senso reale e figurato che dobbiamo illuminare. Basta un esempio: quello delle Mura Aureliane, che ne costituisce il perimetro, oggi abbandonate e in degrado; sono la traccia forte dell’antica Roma, emergenza e punto di riferimento cittadino. Vanno pulite dalla sporcizia che le circonda e dall’erba invasiva, restaurate e illuminate sapientemente in uno sforzo congiunto di tutte le istituzioni. Va anche riprogettato il verde che le affianca – preferibilmente senza alberature – ripristinando quando possibile la memoria dell’antico pomerio. Queste le altre criticità per una rivalorizzazione della città:
Innanzi tutto intervenire nei grandi parchi pubblici di Roma: Villa Borghese, Villa Pamphili, Villa Ada, Villa Torlonia, Villa Chigi, Villa Sciarra, Villa Glori (tutte ricche di edifici spesso in rovina o poco curati)… e tanti altri parchi o giardini pubblici di quartiere. Ma se ci riferiamo alla condizione del verde come arredo urbano (alberature e aiuole) il problema non è diverso, ed è un altro valore da ricostruire e difendere. Il “Piano casa” promosso ai tempi di Berlusconi, ma anche la “Rigenerazione urbana” favorita dalla Legge Regionale ha recentemente portato alla approvazione di progetti di demolizione e ricostruzione con incremento di cubature e altezze su villini e/o palazzine localizzati all’interno di tessuti residenziali omogenei risalenti al primo sviluppo di Roma capitale, avvenuta, come si sa, nei primi decenni del secolo scorso. La legge consentiva la demolizione di alcuni di questi edifici senza vincolo architettonico. Grave errore, perché la demolizione determinava l’alterazione dell’intero tessuto edilizio. Grazie anche alla forte mobilitazione dei cittadini, si sta provvedendo a proteggere queste situazioni con l’aggiornamento della Carta della Qualità prevista dal PRG. Un altro valore da difendere è quello di spazi urbani di eccellenza architettonica, già vincolati, ma invasi dal traffico e dal parcheggio che ne degradano la qualità a prescindere dallo stato di manutenzione. Ma vanno protetti anche i monumenti della modernità costruiti nel corso del Novecento, gli esempi del razionalismo italiano prima e dopo la seconda guerra mondiale incluse le opere delle Olimpiadi del 1960, sino a quelli più recenti che richiedono cura e manutenzione.
Infine gli arredi urbani di qualità: come chioschi, fontane e fontanelle (“nasoni”), panchine, lampioni e altri supporti di illuminazione pubblica (risolta in questi anni in modo sciatto). Tutte microarchitetture od oggetti di design che hanno contribuito alla caratterizzazione di Roma.
- PRIVILEGIARE LA MOBILITA’ PUBBLICA
La principale causa della emarginazione urbana e del degrado ambientale e sociale nei territori delle periferie romane è il difetto di mobilità dei suoi abitanti. Il ritardo di Roma nel realizzare servizi di trasporto pubblico efficienti su ferro (metropolitana e tramvie) o su gomma entro corsie preferenziali ha causato danni e degrado pari a quello causato dal mancato funzionamento del ciclo dei rifiuti.
La crisi del trasporto pubblico viaggia insieme al caos delle automobili private. La cittadinanza è divisa tra chi sostiene che è prioritario costruire parcheggi e chi invece ritiene prioritario rinunciare all’uso dell’automobile. Ma è un “cane che si morde la coda”. Sulla mobilità a Roma, ma ormai in tutte le metropoli occidentali, occorre una indirizzo fondamentale: privilegiare il trasporto pubblico; disincentivare l’uso dell’automobile privata. E’ stato approvato dalla amministrazione comunale solo pochi mesi fa un Piano di Mobilità Urbana Sostenibile (PUMS), che fissa il programma degli interventi per la mobilità romana. Ma per attuarlo, oltre alle risorse finanziarie (oggi poche), oltre all’avvio dei lavori per nuove linee di metropolitana e tram, all’acquisto di vetture su ferro e gomma, servono anche immediati provvedimenti di carattere amministrativo e di lavori pubblici.
Queste le azioni amministrative: Mettere il più possibile su strada la Polizia di Roma Capitale; organizzare una vigilanza fissa sulle strade di maggiore scorrimento; installare sistemi tecnologici per il rilevamento delle infrazioni di sosta; mettere in opera corsie preferenziali aperte e/o protette, secondo i casi; attivare posti a rotazione (a pagamento) nei parcheggi interrati e parcheggi di scambio in prossimità dei nodi della mobilità pubblica, anche attraverso convenzioni con i garage privati.
Questi i necessari lavori pubblici: installare percorsi tranviari protetti; ridisegnare slarghi e piazze sia per la viabilità carrabile che ciclopedonale, che per il decoro; collegare tra loro i percorsi interni ai parchi con corsie verdi riservate a pedoni e biciclette; realizzare isole ambientali o “strade 30” (sono strade a carreggiata ristretta e traffico limitato a velocità 30 Km/ora) nelle zone di pregio architettonico o propriamente commerciali; completare ed interconnettere la rete ciclabile.
Condivido integralmente – avrei posto maggiore enfasi – a solo titolo esemplificativo – sulla mobilità pubblica soprattutto per quanto riguarda il nostro municipio che potrebbe essere molto efficacemente servito con le linee tranviarie esistenti se fossero meglio utilizzate e integrate tra loro. Abbiamo una rete di binari che va dal Verano (da Porta Maggiore) a piazza Mancini passando accanto all’Auditorium – è un asse che andrebbe rafforzato e reso continuo …. sarebbe una vera e propria metropolitana di superficie. E’ già funzionante la linea da Piazzale Flaminio e Ponte Milvio che si interfaccia con la metro A e la ferrovia Roma Nord. Sul versante opposto da Porta Maggiore partono linee su ferro verso Roma Est (Casilina e Prenestina) che andrebbero potenziate ma sono comunque già interconnesse. Se solamente questi impianti già esistenti fossero collegati in termini organizzativi ed informativi il nostro municipio potrebbe essere il più efficiente della Città .
P.S. Non trovo il collegamento di cui mi parlavi sabato al cinema ….
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