Dialogo tra due amici
In un commento del film francese Mustang (diretto da una donna di origine turca), parlando delle condizioni di repressione subite dalle giovani protagoniste, avevo definito “cultura arretrata” quella della famiglia di religione islamica nella quale vivevano. Questo ha aperto una discussione con un caro amico, vicino per formazione culturale e politica, ma oggi su posizioni diverse nel valutare alcuni eventi e condizioni contemporanee. La discussione ha lasciato tracce su facebook e nelle e-mail, che qui vengono trascritte in forma di dialogo
STEFANO. Dopo aver visto il film “Mustang” ti è venuto in mente di considerare i fatti raccontati nel film come conseguenza diretta di una cultura arretrata rispetto alla nostra e hai considerato che la storia raccontata nel film (molto bello) fosse riconducibile addirittura ad una arretratezza della cultura islamica. Se l’ISTAT certifica che in Italia una donna su tre ha subito violenza almeno una volta nella vita il problema non sarà, più che astrattamente culturale, di “genere”!?
UMBERTO. Cultura arretrata e sessuofoba -purtroppo – è quella concreta di molte regioni mediterranee periferiche; cultura arretrata e sessuofoba era anche quella del nostro Sud sino agli anni 50, quando i matrimoni combinati e il delitto d’onore erano giustificati. Anche la violenza fisica dell’uomo sulla donna è un problema culturale, purtroppo diffuso ovunque, anche oggi. Parlare di problema di genere significa affermare che il “genere uomo” è portato a praticare violenza contro il “genere donna”. E’ una affermazione che non solo non condivido, ma mi offende!
ST. Non è solo questione di terminologia, c’è qualcos’altro su cui ti invito a ragionare …. tu usi il termine “cultura arretrata islamica” affermando che lo è in quanto, oltre alle solite nostre devianze, su cui la nostra cultura è ben posizionata (al punto da risultare avanzata!) ne ha anche altre tipo i matrimoni combinati, l’ostracismo nei confronti degli omosessuali o il fatto di lapidare la moglie infedele invece di ammazzarla strozzandola o buttandola in un fosso come facciamo dalle nostre parti. Permettimi di farti notare che oltre alle devianze che abbiamo in comune con la cultura occidentale, quest’ultima tratta la donna e il suo corpo come una vera e propria merce cosa che la cultura islamica non fa. e questo tende a far recuperare forse qualche posizione nella gara delle culture che nel settore mi sembra comunque “a perdere”.
UM. Vorrei chiarirti meglio i termini che ho usato a proposito del film. Aiutandomi con lo Zingarelli, chiarisco cosa intendo per “cultura”: “complesso di cognizioni, tradizioni, procedimenti e comportamenti, trasmessi e usati sistematicamente in uno spazio geografico e temporale da un gruppo sociale o etnico, un popolo o un gruppo di popoli, una comunità civile o religiosa”. Ovvero ogni “cultura” si riferisce ad un luogo (piccolo o grande) ed a un tempo (breve o lungo). Quindi io non intendo per “cultura avanzata” solo la capacità di esprimere opere d’arte e sedimentare lasciti storici, bensì di costituire un repertorio di “cognizioni, tradizioni, procedimenti e comportamenti” (che potremmo sintetizzare nel termine “statuti”) che consentano la crescita complessiva dell’umanità. Lo è stata la cultura asiatica, la più antica a praticare le arti , la letteratura e l’organizzazione della vita associata. Lo è stata la cultura greca e romana classica per la pratica della democrazia, della vita urbana, dell’arte, dell’architettura, della letteratura, ecc… Lo è stata la cultura araba negli ultimi secoli del primo millennio, quando, declinato l’impero romano, l’Europa scivolava nel medioevo: animati dal primo islamismo, più aperto e tollerante, gli Arabi diffusero nuove conoscenze matematiche, astronomiche, geografiche, filosofiche, letterarie e architettoniche. Ragionamenti simili si possono fare per il Rinascimento italiano, la Rivoluzione francese e, in parte, quella russa.
ST. La Cultura si può distinguere in base ad aspetti materiali o immateriali: nei primi ci sono le capacità artistiche, la tecnologia e la capacità di disporre di beni di consumo prodotti da una società, nei secondi, quelli immateriali, possiamo elencare il linguaggio, i simboli, la capacità di produrre leggi (quelle che tu chiami gli “statuti”) ecc. Esiste certamente una correlazione tra i due tipi di cultura, ovvero la cultura materiale è sì conseguenza dell’immateriale, ma è la responsabile, io credo, dei modi di vita e delle azioni. La Cultura è insomma un complesso di modelli (idee, simboli, azioni, “i tuoi statuti”) attraverso cui si pensa qualcosa, questi modelli immateriali generano poi modelli (interessi economici) che guidano al diverso modo di agire (permette quindi di passare dall’ideale all’operatività). La Cultura è figlia del suo tempo: effettua infatti una selezione di modelli funzionali al presente e al contingente e, pur avendo una notevole inerzia e dunque caratteristiche permanenti nel tempo, non è fissa e non procede sempre verso il meglio (le magnifiche sorti e progressive!) ma, interagendo con altre culture subisce cambiamenti e promuove nelle altre culture altrettanti cambiamenti. La Cultura poi è stratificata e diversificata all’interno di una stessa società. Esistono differenze culturali in base all’età, al genere, al reddito, ecc., che condizionano i comportamenti sociali – Gramsci, se ben ricordo, parlava di Cultura egemonica e Cultura subalterna che non avendo potere, non ha possibilità di autodefinirsi. Nella nostra società occidentale del 2015, pur essendo presenti differenze culturali su base linguistica ed etnica e di reddito, le classi sociali non hanno più confini rigidi: la «Società è liquida» – come conseguenza è sparita la lotta di classe e soprattutto sono spariti i livelli intermedi di mediazione: i partiti – e le insoddisfazioni non più mediate diventano sterile e pericolosa energia distruttiva: negli stadi e fino alle bande terroristiche. Vi sono continui sconfinamenti tra le culture ed è difficile definire un confine territoriale tra culture diverse. A questo punto (forse solo nella mia testa) mi sembra di aver prodotto sufficienti elementi per poter confutare qualsiasi tipo di legame stabile tra Culture e Religioni, queste ultime (tutte) vengono sempre strumentalizzate dal Potere Egemone per utilizzarle al conseguimento dei propri fini : talvolta leciti, più spesso illeciti. Potessi scegliere cancellerei tutte le religioni e farei conoscere la data di morte a tutti come nel film – su questo sono sicuro che anche Umberto è d’accordo! Parliamo dunque, se siamo d’accordo, più correttamente di attuale Cultura Egemone nella Arabia Saudita o nel Qatar o in Europa e, per favore, non mettiamo più in fila le parole “cultura islamica” o “cultura occidentale”, che non esistono, aggettivandole con “avanzate” o “retrograde”. Ci piace di più la cultura Egemone Occidentale di quella oggi Egemone in Arabia Saudita? – SI. Ci piace di più la sedia elettrica dopo seri processi della lapidazione delle donne infedeli senza processo (non mi risulta essere una pratica così diffusa, ma fosse pure solo una ….)? – SI (fino a un certo punto?!). Ci piace di più la “sana” violenza diffusa nei confronti della donna sapendo che se poi ti beccano finisci in galera come avviene da noi o il più semplice divorzio “immediato” (previsto in molti stati a prevalente religione islamica) consistente nel ripudiare la propria moglie? – – Insomma …. cominciano a traballare le mie certezze.
UM. Io naturalmente parlavo di cultura in senso generale, quindi la distinzione tra materiale e immateriale (oggi ulteriormente complicata dalla comunicazione digitale) non era nelle mie intenzioni. Tutte le culture hanno un valore, ma, confermo il mio pensiero, nella storia alcune hanno pesato di più. Se cultura avanzata è quella che apre alla definizione di statuti che innovano ed elevano non tanto la qualità della vita materiale, ma i principi stessi della vita associata, allora oggi è cultura avanzata non solo quella che produce grande opere d’arte e di ingegno, ma soprattutto quella che parla di uguaglianza tra gli uomini, di diritti e doveri uguali tra uomo, donna e omosessuali, di libertà di parola e di stampa, di laicità dello stato e di libertà di religione, di autonomia della giustizia dal potere, ecc… tutti pensieri, caro Stefano, che appartengono a te, a me e agli altri amici. Ci si chiede: chi la pratica questa “cultura”? Non tutti i popoli della terra, purtroppo, e non tutti i paesi più avanzati economicamente, che, anzi, agiscono spesso in contraddizione con questi stessi principi, mortificandoli o deviandoli. Ma dove nasce questa “cultura” se non dall’Europa degli ultimi due secoli, seppure tra guerre, imperialismi e contraddizioni? D’altra parte anche le “culture” di epoche storiche precedenti si diffondevano attraverso rivoluzioni, guerre e violenze. Fare la conta dei morti non serve a nulla.
ST. Prima dicevo che esiste una correlazione tra cultura materiale ed immateriale: La Cina godeva già 2000 anni fa di livelli di cultura materiale molto più avanzati dell’Occidente ma, probabilmente, la presenza del Confucianesimo ne ha bloccato un diffuso sviluppo economico. Oggi la Cina dopo quaranta anni di pseudo comunismo ha visto ripartire i livelli di cultura materiale con il suo turbo capitalismo, forse non altrettanto sono seguiti analoghi sviluppi per quella immateriale. Il secolo d’oro dell’egemonia culturale arabo andalusa di Cordova e Granada (questa certamente “anche” di religione islamica!), fu cancellato dai retrogradi e predatori “reyes catolicos” che, intanto, avevano iniziato a derubare le Americhe appena scoperte e, subito dopo, dalla Inquisizione. L’Europa si stava così allenando al Colonialismo e alla vergognosa depredazione del cosiddetto terzo mondo andata poi avanti per oltre un secolo, depredazione che è però alla base del proprio sviluppo economico e alla nascita della Borghesia. Non sono certamente un esperto di Antropologia culturale e a dire il vero non voglio nemmeno riscrivere il Bignami di Storia e dunque mi scuso per concetti buttati un poco alla rinfusa. Quello che voglio dire e che la Cultura di una società effettua sempre una selezione di modelli funzionali al presente e al contingente e che nulla è generalizzabile, definitivo e geograficamente localizzabile. Le nostre Costituzioni (gli “statuti” di Umberto) sono, non a caso, funzionali al mantenimento del potere da parte della attuale Cultura Egemone in Occidente: la Borghesia. Unico problema è che la nostra società, per sopravvivere mantenendo inalterati quegli “statuti”, necessita però di un continuo sviluppo economico che forse non è più sostenibile, lo era grazie allo sfruttamento delle risorse del terzo mondo che però non sembra più disponibile a fornirle – e allora si comincia dovunque a parlare di costituzioni inadeguate e di revisioni (riduzioni) di alcuni livelli di diritti dati per acquisiti e non più sostenibili (questo argomento però lo rimandiamo di qualche mese).
UM. Ora due parole sul terrorismo islamico. Siamo tutti d’accordo (persino Blair e la Clinton) che la responsabilità è della folle guerra in Iraq (ma anche in Afganistan, Libia e Siria), e, ancora prima, degli imperialismi occidentali e di una pessima gestione postbellica del Medio Oriente. Sappiamo tutti che il commercio di armi ha protezioni governative (business), come sappiamo tutti che molti paesi da una parte combattono, dall’altra proteggono (Carlo Rovelli su “Internazionale on-line” ha scoperto l’acqua calda e sulla trattativa con ISIS dice scemenze). L’esercito Daesh è costituito da bande armate (le tribù di una volta?) che vogliono conquistare territori in una condizione di sfascio totale di Iraq, Siria, Libia… e speriamo di fermarci qui. Ma poi, siamo certi che dopo le “rivoluzioni arabe” degli anni scorsi, anche senza l’intervento occidentale, tribù e fazioni non si sarebbero scatenate l’una contro l’altra? L’Egitto, per esempio, nel quale non c’è stato intervento occidentale, non è sull’orlo del baratro?
ST. Intanto comincerei con il contestare l’aggettivo “islamico” applicato al terrorismo, che, immagino, Umberto, tu usi semplicemente per semplicità di discorso non per generalizzare – cosa che avrei già qualche difficoltà a condividere.
UM. L’aggettivo “islamico” applicato al terrorismo di Daesh non l’ho messo io, ma se lo sono messi gli stessi terroristi che si fanno chiamare appunto “Stato Islamico”. Mi guardo bene dal ribaltare il concetto, ovvero applicare il termine “terrorismo” all’Islam in generale!
ST. La guerra all’IRAQ ha segnato lo spartiacque tra due mondi. Al bipolarismo simmetrico dell’età della guerra fredda, in cui USA e URSS misuravano sullo scenario globale la loro potenza è subentrato un multipolarismo dei “volenterosi”, al di sotto del quale le asimmetrie tra le diverse aree della terra si sono però moltiplicate. I “volenterosi” si riunivano e si continuano a riunire non certo per esportare improbabili democrazie ma per posizionarsi in un settore strategico per le risorse petrolifere secondo gli interessi dei vari paesi. Con le asimmetrie è aumentato nel mondo il divario tra paesi ricchi e poveri in maniera abnorme, l’economia si è imposta sulla politica, le religioni si sono trasformate in guerre. La guerra di Bush si è trasformato in un insuccesso catastrofico da cui tutto inizia. Senza porre rimedio a quel disastro non si riuscirà mai a risolvere il problema dell’IS o Daesh che dir si voglia. Per questo dicevo e dico che non ha senso bombardare (ognuno come gli pare) e, in una mia precedente esternazione molto criticata, auspicavo un nuovo congresso di Vienna (ignorando peraltro che stavano proprio per riunirsi a Vienna!). Altro che bande e tribù, IS è formata dalla struttura del vecchio esercito di Saddam che difende la etnia di religione Sunnita contro gli Sciiti e i Curdi. In Egitto non c’è stato intervento americano!!? …. e Al Sissi chi ce lo ha messo? Proprio gli americani su input preciso di Israele! Tra l’altro penso che sia stata una delle poche mosse azzeccate dalla Cultura Egemone occidentale. Alcune Potenze Egemoni nel territorio mediorientale, quali Arabia Saudita e Qatar, usano la religione per fomentare la guerra contro Assad e contro l’Iran e hanno finanziato e continuano a finanziare Daesh a protezione dei propri interessi diffondendo il Wahhabismo – quella assurda interpretazione del Corano sviluppatasi in seno alla comunità islamica sunnita, filone fondato da tal Muhammad ibn ʿAbd al-Wahhāb (insomma non direttamente da Maometto!) – interpretazione funzionale però a mantenere sotto stretto controllo quella società – il tutto funzionale anche a noi occidentali che continuiamo a comprare il petrolio a 40 dollari al barile (400 litri) ; barile che se glielo rimandiamo indietro pieno di acqua minerale ce lo debbono pagare 200 di dollari!! – la depredazione continua!.
UM. Condivido – e lo sai bene – tutte le tue valutazioni sulle dannate guerre portate dall’Occidente (ma, avviate quasi tutte dagli USA) in Medio Oriente. Ma oggi le bande Daesh per ottenere consenso e conquistare territori indossano la comoda maschera dell’Islam integralista, quello che interpreta in modo estremo il quinto dei dogmi islamici, la Jihad, o guerra santa, come pratica di morte contro gli infedeli. E vengono a casa nostra a praticare la nostra morte e il loro martirio per approdare ad un improbabile paradiso in cui secondo il Corano si godono piaceri solo materiali. Un Islam diviso in decine di rivoli in lotta tra loro, quasi un ritorno a quelle tribù che, prima di Maometto, si combattevano all’insegna di diverse religioni politeiste può essere definito cultura avanzata?
ST. Mi guarderei inoltre da usare con eccessiva superficialità termini non proprio conosciuti – quando si parla del quinto dei dogmi islamici – la Jihad (intanto è, e solo per alcuni, il sesto dei pilastri – per nessuno è il quinto!) nella corretta interpretazione della maggior parte degli islamici veri non si tratta assolutamente di “Guerra Santa per mettere a morte gli infedeli” ma piuttosto di “Strenua lotta interiore per sconfiggere il dubbio insinuato in se stessi”. Non per saccenza, ma a puro titolo informativo i “Pilastri dell’Islam” sono i cinque doveri assolutamente cogenti per ogni musulmano osservante per potersi definire a ragione tale. Essi sono: 1. la Shahāda o “testimonianza” di fede: “Testimonio che non c’è divinità se non Dio (Allàh) e testimonio che Muhammad è il Suo Messaggero” – Per essere valida, la shahāda deve essere recitata con piena comprensione del suo significato e in totale sincerità di intenti. Essa è sufficiente, da sola, a sancire l’adesione all’Islam di chi la pronuncia. (per tranquillizzare Nico, qualora fosse arrivata a leggere fin quaggiù, io non ho ancora pronunciato la mia shahāda). 2. la Salāt , preghiera canonica da effettuare 5 volte al giorno, in precisi momenti (awqāt) che sono scanditi dal richiamo dei muezzim che operano nelle moschee (oggi spesso sostituiti da registrazioni diffuse con altoparlanti o dal richiamo del cellulare). 3. la Zakāt, versamento in denaro – obbligatorio per ogni musulmano che possa permetterselo – che rende lecita la propria ricchezza, da devolvere nei confronti di poveri e bisognosi. La zakāt è oggi prevalentemente autogestita dal pio musulmano, anche se esistono organizzazioni che forniscono aiuto ai fedeli per raccogliere fondi da destinare a opere di carità, per la cui realizzazione la giurisprudenza islamica ha previsto da sempre l’utilizzo delle somme raccolte tramite questa pratica canonica. La somma da versare, a cadenza annuale, viene calcolata sulla base di un imponibile del 2.5% sul capitale finanziario del fedele, e vale anche per le aziende. 4. Lo Ṣawm, ovvero il digiuno – dal sorgere al tramonto del sole – durante il mese lunare di Ramadan per chi sia in grado di sostenerlo senza sensibili inconvenienti di salute. 5. La Hajj, il pellegrinaggio canonico alla Mecca e dintorni, nel mese lunare di Dhu l-hijja (non so dirvi che mese sia di preciso ma intendo informarmi), per chi sia in grado di sostenerlo fisicamente ed economicamente. Sin qui i 5 pilastri canonici poi, in ambienti come quelli Sciita, Kharigita e Sunnita-hanbalita si aggiunge un sesto pilastro: il famoso Jihād che nella sua accezione di “Jihād maggiore”, consiste nel combattere gli aspetti più deteriori dell’animo umano, esso è accettato da ogni scuola di pensiero sunnita come un potenziale sesto pilastro. Una accezione di “impegno sacro armato” è talmente densa di condizioni e limitazioni da non consentire comunque di confonderlo sic et simpliciter come istigazione alla “guerra santa”. Che senso avrebbe d’altronde, nella sequenza degli obblighi sopra elencati, che l’ultimo sia quello di andare a sparare agli infedeli! Sarebbe come se Mosè avesse aggiunto ai 10 comandamenti un undicesimo del tipo: beh! adesso tutti a puttane!
UM. 5 o 6 pilastri ideologici della religione islamica? Non lo so, perché alcuni testi parlano di 5 altri di 6, ma sulla Jihad ho scritto che è violenta l’interpretazione integralista promossa da Daesh. So bene che quella più diffusa nella religione islamica non viene interpretata come guerra santa.
… ah, dimenticavo: sono d’accordo sulla abolizione di qualunque religione… ma conoscere la data di morte, come nel film Dio Esiste e Vive a Bruxelles, no! Proprio no!