REVENANT di Alejandro Iñárritu non è un film per tutti. Non è un film per chi considera la natura una rassicurante condizione di benessere, ha fastidio per il sangue e non vuole vedere le budella degli animali. Non lo è neppure per chi apprezza una storia che inizia e finisce con una sua logica, che vede il bene e il male come categorie opposte e infine per chi ama troppo il “western” classico o quello eroico di Sergio Leone. Per tutti gli altri è un gran film. Lungo e lento come la sofferenza per sopravvivere; silenzioso come la solitudine del protagonista, cattivo come i suoi protagonisti. Iñárritu con il suo direttore di fotografia Emmanuel Lubezki (con il quale ha già vinto l’Oscar con le virtuosità dei piani sequenza in Birdman), accende luci, descrive paesaggi, soprattutto muove la camera in modo magistrale accompagnando combattimenti, azioni e gesti. La lunga odissea di Glass trascina lo spettatore, attraverso il dolore per la perdita degli affetti più cari e l’incubo della sopravvivenza, sino alla rinascita dal grembo di una bestia, celebrando una natura totalizzante e implacabile.