Due iniziative, entrambe in area MAXXI, via Guido Reni nell’ansa flaminia a Roma, collegate alla decaduta Amministrazione Comunale (Marino/Caudo) ed entrambe ben conosciute dagli architetti romani, meritano alcune riflessioni.
La prima è il concorso bandito un anno fa da CDP Investimenti su mandato del Comune di Roma – e già chiuso in prima e seconda fase – per l’avvio della trasformazione dell’area dei Magazzini Militari di via Guido Reni (quartiere Flaminio di Roma), chiamato Città della Scienza, ove sono previsti vari interventi a carattere residenziale e commerciale, nonché il futuro Museo della Scienza di Roma (di fronte al MAXXI).
La seconda è la Mostra ROMA 2025, esito di un workshop concertato tra Comune di Roma (Amministrazione Marino), MAXXI (Sezione Architettura) e PRIN Recycle Italy (raggruppamento di Università italiane su un Progetto di Ricerca di Interesse Nazionale) che raccoglie idee ai fini della trasformazione di Roma nei prossimi 10 anni.
La trasformazione dell’area dei magazzini militari fa seguito al programma cittadino (e nazionale) di recupero delle aree militari centrali dismesse attraverso un virtuoso rapporto pubblico-privato. In questo caso però non è facile districarsi nella situazione proprietaria e gestionale che si è venuta a creare con la dismissione del complesso militare. Il soggetto che ha bandito il concorso è CDP Investimenti, Società di Gestione del Risparmio gestita dalla Cassa Depositi e Prestiti. CDP gestisce fondi immobiliari tra cui il FIV, Fondo Investimenti per le Valorizzazioni, che ha acquistato dal demanio l’area in questione. L’area dunque oggi è di proprietà privata. Valorizzare un’area significa conferirle valore commerciale, dunque disporre di volumetrie edificabili ad uso privato. Questi i dati di superfici utili commerciali, relative all’accordo tra Comune di Roma e la Cassa Depositi e Prestiti: residenze private mq. 29.000; residenze sociali mq. 6.000; strutture ricettive (hotel) mq. 5.000; strutture commerciali mq. 5.000; e, finalmente, il Museo della scienza valutato in mq. 27.000, superficie fortemente ridondante, se si considera che il MAXXI occupa un’area di mq. 21.000.
Il concorso, che aveva richiamato l’attenzione di circa 200 studi di architettura, tra cui molti appartenenti allo star system internazionale, prevedeva una prima selezione di 6 progetti e poi un vincitore cui sarebbe stata affidata la redazione del Masterplan dell’area. Ha vinto un gruppo diretto dall’Arch. Paola Viganò; a mio avviso non il progetto migliore, ma certamente quello che corrisponde di più alle finalità dei promotori privati, e cioè di realizzare edilizia ben disposta nel verde, palazzine di lusso e di buon impatto sul mercato immobiliare.
Erano molti anni che si attendeva il recupero di quest’area già molto degradata e l’iniziativa congiunta pubblico-privato era l’unica praticabile. Per quello che poteva servire – molto poco, secondo me – erano state organizzate riunioni con le associazioni di quartiere per promuovere il progetto prima di consentire l’emissione del bando da parte della proprietà. Va dato atto alla Amministrazione Marino e all’assessore Caudo di avere fatto tutto in pochi mesi, ma ne sono consapevoli, perchè, ancora in questi giorni, caduta l’Amministrazione, ne stanno gestendo l’informazione in termini politici. Probabilmente il passaggio successivo sarà una variante al PRG che fissi la volumetria edificabile nei termini del concorso, così da aprire la strada alla realizzazione del consistente complesso edilizio. Solo allora si potrà riparlare del Museo della Scienza e del suo cofinanziamento, per il quale, forse, sarà bandito un altro concorso internazionale. E stavolta vincerà una archistar? Ma la volumetria residenziale e commerciale è troppa per un’area che dovrebbe avere destino pubblico ed è solo apparentemente compensata dall’enorme superficie utile prevista per il Museo. Inoltre nel progetto Viganò non c’è attenzione per alcuni dei capannoni esistenti ancora in condizione di essere recuperati, almeno per attività commerciali. La Mostra d’arte “Outdoor Extra” dello scorso novembre, tenuta proprio in quei capannoni, ne ha mostrato la predisposizione al recupero.
Parallelamente allo svolgimento del concorso, con gli studenti della Facoltà di Architettura di Ascoli abbiamo lavorato sullo stesso tema. Ecco alcune immagini dalle quali si può notare il riuso di alcuni capannoni militari:
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La Mostra dei lavori su Roma 2025 si è conclusa recentemente al MAXXI. Il tema del workshop era stato affrontato tracciando su una planimetria territoriale un quadrato di 50 Km di lato con al centro il Palatino, per individuare, schematicamente, la città metropolitana di Roma. Il quadrato era stato suddiviso in 25 quadrati minori, numerati, di 10 x 10 Km, ciascuno assegnato alla esercitazione progettuale di 25 università, 12 italiane (collegate alla rete PRIN) e 13 straniere, appositamente invitate.
Erano state richieste due tavole, una che esprimesse contenuti analitici su tutta la dimensione del quadrato di 100 Kmq, l’altra su un tassello esemplare minore di dimensione 1 x 1 Km con una ipotesi progettuale in scala 1.000. Il criterio nasceva dalla volontà di riferirsi alla esperienza di Roma Interrotta del 1978, quando erano stati invitati 12 architetti di prestigio internazionale a disegnare un progetto per ognuna delle 12 parti di Roma corrispondenti alle altrettante tavole con cui Giovan Battista Nolli, nel 1748, aveva magistralmente rappresentato l’intera città. L’idea di allora era un progetto su Roma partendo dal passato e saltando i due secoli successivi, l’idea di oggi era che si progettasse la Roma Città Metropolitana del 2025.
Prima di esprimere un parere sui risultati, va fatta una premessa. Le Università, e in particolare le Scuole di Architettura possono recare un forte contributo alle amministrazioni pubbliche nei programmi di trasformazione urbana. Ne hanno vocazione per la loro terzietà ed indipendenza da ragioni economiche o politiche, ma anche per le positive ricadute dalla ricerca e dalla didattica. Nelle grandi città e davanti ai grandi temi contemporanei però devono avere la capacità di porsi in sintonia con le attese: sia nel caso venga richiesto un lavoro di carattere tecnico operativo, sia nel caso in cui venga richiesto un contributo di idee da offrire anche alla comprensione del grande pubblico.
Nella mostra romana, accanto a proposte fantasiose come la “tabula rasa” contro l’aeroporto di Fiumicino, riduttive come la celebrazione delle case unifamiliari, o scontate come il richiamo ai riferimenti letterari e cinematografici della periferia romana, ci sono contributi di rilievo dai quali emerge una idea di progetto, come il suggerimento di intervenire sul quotidiano per “isole urbanizzate” di Roma3, il ridisegno architettonico delle forre con pannelli fotovoltaici dello IUAV, il coraggio del progetto urbano sino al mare proposto dalla Sapienza e alcune suggestive riflessioni sul paesaggio di Genova, Marsiglia, Milano, ecc…
Un po’ per l’eccessiva libertà concessa dai curatori e un po’ per alcune presunzioni degli stessi partecipanti, la Mostra del MAXXI raggiunge solo parzialmente il suo scopo. L’analogia con Roma Interrotta si disperde negli allestimenti liberi proposti dalle varie sedi universitarie, tanto che risulta impossibile quella ricomposizione finale che il programma iniziale sembrava prevedere e che Roma Interrotta invece aveva avuto la forza di suggerire sia pure nella discontinuità delle forme e dei linguaggi. Insomma le libertà metodologiche e le differenze “di scuola” rischiano di non venire recepite come ricchezza e pluralismo di idee, ma di generare disorientamento. Se ne esce con un dubbio: ci sono idee realmente in grado di proporre un futuro per Roma?
Un pensiero su “Due iniziative in area MAXXI, Roma”