Confesso che ho avuto delle resistenze mentali prima di decidermi. Così l’ho visto solo due mesi dopo la sua uscita in Italia. Non credo ci siano stati altri film sulla Shoah così coinvolgenti, così profondi nel descrivere una delle più grandi tragedie della storia dell’umanità. Il Figlio di Saul, opera prima di László Nemes, ti trascina dentro un campo di concentramento seguendo l’itinerario dell’eccidio, dalle camere a gas ai forni crematori, dai colpi alla tempia al trascinamento impietoso dei corpi chiamati “pezzi”. Ma non inquadra mai direttamente l’atto dell’assassinio né i corpi, perché l’orrore è letto negli occhi del protagonista che a tutto assiste, inquadrato quasi sempre solo in primo piano. Nessun effetto facile, nessuna concessione, nessuna consolazione in una tragedia della follia umana raccontata attraverso l’abisso che separa la pietas di Saul dalla malvagità dei nazisti.
Non mi sento di dire altro su un film che entra nella storia del cinema.
Condivido pienamente la tua critica asciutta e mirata, nel pieno rispetto dello stile narrativo del film.
Bravo Umberto.
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Bravo Umberto non si puo’ nè si deve dimenticare quando la specie umana si lascia andare a simili orrori. Ho conosciuto Ida Grinspan sopravvissuta alla Shoah in occasione del mio viaggio ad Auschwitz (all’epoca aveva 14 anni) le sue compagne le hanno detto lungo il cammino verso la morte :-Se sopravvivi, dovrai raccontare. Non ti crederanno, ma dovrai raccontare.-
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Grazie Guido, un complimento da un uomo di cinema vale doppio
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Grazie Bruno, a presto
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