Las Vegas oggi non è quella descritta da Robert Venturi insieme a Denise Scott Brown e Stiven Izenour nel celebre, dirompente libro pubblicato nel 1972, Learning from Las Vegas. Riporto uno stralcio del testo di Venturi, pag. 153 e 154 (dell’edizione recentemente ripubblicata in Italiano a cura di Manuel Orazi, traduzione di Maurizio Sabini, Quodlibet, Macerata 2010).
La strip oggi si è contorta sviluppando tentacoli. La scansione temporale di un unico percorso si è aperta in slarghi, incroci, moltiplicata su più livelli con rotaie e percorsi pedonali sopraelevati. I suoi bracci si infilano negli edifici, attraversano giganteschi spazi coperti, fuoriescono dai grattacieli costruiti per durare solo il tempo necessario alle plusvalenze dell’investimento, prima di essere demoliti e ricostruiti più grandi, più luminosi, più tecnologici, più volgari, in definitiva più inutili.
Eppure tutto era contenuto nel suo DNA di iscrizioni, figure e sequenze luminose descritte da Venturi, che accompagnavano il percorso in automobile lungo il boulevard, per comunicare il senso di una sfrontata utopia reale, dedicata al gioco, al divertimento e al denaro.