Sono tornato a Pompei dopo molti anni dall’ultima visita. Sapevo di nuovi scavi, nuove aperture e la mostra di Mitoray. Dei 44 ettari dell’area archeologica è visitabile molto meno della metà. Alcuni cantieri di consolidamento sono recintati senza che ci sia personale al lavoro (era un giorno feriale). L’opuscolo consegnato all’ingresso riporta generiche note descrittive. Le audioguide ci sono, ma non sono l’ideale per illustrare un’area archeologica. Pochissime le “stazioni” di visita con nomi e targhe esplicative. Mai una ricostruzione tridimensionale, mai una planimetria o qualcosa che consenta di capire a cosa si riferiscano le strutture portate alla luce. Possibile che le soprintendenze non abbiano ancora capito che la gente vorrebbe vedere come erano fatti quel tempio, quella domus o quell’insula quando erano integri? Cosa oggi facile con le tecnologie a disposizione, con il disegno 3D e con sistemi informatici già collaudati in altri siti. Con la disponibilità delle Università e di tanti giovani, pronti a stipulare convenzioni a basso costo, sarebbe possibile rendere finalmente apprezzabili e comprensibili i resti di una delle aree archeologiche più suggestive del mondo.
E non è solo questo. Nonostante siano indicate nella planimetria consegnata all’ingresso, non è facile raggiungere punti di ristoro e servizi igienici, e, quando si trovano, sono inadeguati. Sorge un dubbio: non sarà che la lobby delle guide gestite dalla Regione e quella dei ristoranti all’esterno suggeriscono di non offrire descrizioni complete e punti di ristoro entro l’area archeologica?
Si parla tanto di rigenerazione degli Scavi di Pompei. Evidentemente sarà un lavoro ancora lungo.