Dopo le consuete ovvie premesse (il voto locale “amministrativo” non sempre coincide con il voto nazionale “politico”; i veri vincitori sono gli “astensionisti”; le alleanze o liste civiche sono aggregazioni occasionali e di comodo; gli elettori dei gruppi della sinistra estrema si sono astenuti; … ecc, ecc…) si può dire che i Cinquestelle hanno perso al primo turno, il PD ha perso al secondo turno e la Destra unita ha vinto in quanto ritorno all’usato sicuro. Detto in termini più generali: i Cinquestelle non hanno basi né background locale, il PD ha perso credibilità sia per i candidati che per i suoi conflitti (interni ed esterni) e la Destra torna ad acchiappare consensi grazie ai delusi dai Cinquestelle.
Ora l’elettore di sinistra aspetta le valutazioni del suo segretario nazionale. Renzi è stato eletto a grande maggioranza con le primarie di un legittimo congresso e, quindi, il suo ruolo di leader del partito non si discute. Sino ad oggi abbiamo apprezzato le riforme e perdonato gli errori del suo governo; abbiamo sostenuto fino all’ultimo una riforma costituzionale tanto giusta, quanto falsata dalla autoreferenzialità del suo proponente; abbiamo appoggiato con convinzione il lavoro (a tempo determinato) di Gentiloni; abbiamo sofferto, ma considerato inevitabile, la fuoriuscita dei vecchi protagonisti il cui contribuito politico si era esaurito; ma ora è il tempo di cambiare.
A proposito della sconfitta elettorale di questi giorni, qualcuno ha scritto che anche le liste con alleanze di sinistra hanno perso. In realtà erano poche e contavano poco, perchè erano locali e frettolosamente costruite solo per prendere voti. Se Renzi è quella persona nuova e forte che ha saputo costruire con il 41% dei consensi la vittoria elettorale – “politica” – alle elezioni europee del 2014, se quel fiume di parole che spende per accreditarsi agli elettori è sincero, se insomma crede nel PD ed è capace di rinunciare al proprio narcisismo e a qualcuno dei suoi fedelissimi, si limiti a guidare con energia e determinazione il partito. Ne ascolti le voci sempre più numerose che lo invitano a costruire un reale programma politico con le altre forze della sinistra, superi l’istinto di rappresaglia verso i fuoriusciti, sfidi la sinistra più estrema – anche quella ideologica e arcaica – sulle proposte di riforma, accetti infine una divisione dei ruoli, valutando collegialmente, anche con alleati esterni, altre figure di candidato premier.
Così facendo – e solo così facendo – chi non vuole un reale nuovo centrosinistra riformista e di governo, ma solo prestigio personale o spazio per due o tre rappresentanti parlamentari, uscirà alla scoperto e sarà sconfitto.