Due anni fa, il 10 luglio 2016, da poco insediata l’amministrazione Cinquestelle con sindaca Raggi, spinto da chi mi chiedeva un parere, scrivevo su questo blog un articolo dal titolo: “Cosa farei per Roma”. Dopo avere ricordato gli esiti positivi, ma anche gli errori, delle amministrazioni Rutelli e Veltroni, elencavo alcune “cose da fare” per riqualificare urbanisticamente e architettonicamente le aree centrali della città. La maggiore parte erano opere attese o già avviate.
Dopo due anni sono tornato a leggere quell’articolo perchè mi sembra ancora attuale. Di tutte le cose elencate solo la Piazzetta di Santa Costanza (quartiere Trieste) è stata realizzata, ma su progetto e cura del Secondo Municipio, mentre sullo Stadio della Roma siamo in piena “bagarre”. Per il resto assolutamente nulla. Ripropongo senza modifiche la parte finale dell’articolo.
(per l’articolo intero: https://umbertocao.com/2016/07/10/cosa-farei-per-roma/ )
LE AMMINISTRAZIONI DAL 1993 AL 2008
La prima elezione diretta del Sindaco, nel 1993 fu vinta da Rutelli. Ricordo i caposaldi del programma di allora: cura del ferro, riqualificazione delle periferie con “Centopiazze”, avvio del nuovo Piano Regolatore. Un programma che doveva portare al nuovo Millennio e relativo Anno Santo. Dopo gli anni disastrosi dell’altalena tra monocolori democristiani e commissari straordinari, Roma tornò a muoversi. I lavori dell’anello ferroviario ripresero e molte linee ferroviarie locali vennero coordinate con la metropolitana; fu dato impulso ai lavori di prolungamento della linea A (completati nel 2000) e alla progettazione del prolungamento linea B; in otto anni le periferie trovarono un po’ di verde con gli appalti per la sistemazione di piazze e giardini; l’amministrazione di allora appoggiò la realizzazione dell’Auditorium di Piano e difese il cantiere dai ripetuti insabbiamenti delle burocrazie ministeriali; l’Anno Santo si svolse in una dimensione faraonica tenuta sempre sotto controllo. Fu bandito il concorso per un Centro Congressi di rilevanza internazionale di cui Roma era priva. Nel frattempo però i costruttori romani fremevano per realizzare nuove lottizzazioni convenzionate e Rutelli tentennò con alcune concessioni, rischiando più volte di cedere anche su aree di grande valore ambientale. La successiva amministrazione Veltroni (con l’alleanza tra Democratici di Sinistra e Rifondazione Comunista) è stata molto criticata per due ragioni: l’aumento consistente del debito di bilancio e una serie di concessioni alla sviluppo di volumetrie residenziali oltre il Raccordo Anulare. Ma entriamo nel merito. L’assessore all’urbanistica Morassut riuscì a fare approvare il nuovo Piano Regolatore e il cosiddetto “piano delle certezze” con il quale furono salvate alcune aree di pregio tra cui gran parte di Tormarancia e l’intero Pratone delle Valli, inaugurato come Parco Pubblico nel 2006. Ma fu pagato un costo alto perché la trattativa con i costruttori proprietari delle aree spalancò le porte ad una forte edificazione attorno al Raccordo Anulare, creando nuove periferie e nuovo degrado. Oggi qualcuno ricorda solo questo. Se si vuole criticare Veltroni la critica è quella di avere privilegiato la cultura e l’architettura di qualità (ma è una critica?): l’avvio dei lavori dell’Auditorium, l’invenzione della festa del Cinema, il recupero dell’area urbana di viale Giustiniano Imperatore, il sostegno al concorso per la Nuova Stazione Tiburtina, i Musei MAXXI e Macro e il recupero dell’ex Mattatoio, il progetto per l’Ara Pacis e i concorsi per la sistemazione di Piazza Augusto Imperatore, per il Ponte della Musica e il Ponte del Commercio, il recupero di Cinecittà e il rilancio del Centro Sperimentale di Cinematografia, ecc… A me non sembra poco. Semmai le critiche trovano maggiore sostegno nelle trascuratezze del secondo mandato, quando Veltroni fu assorbito da nuove responsabilità in politica nazionale.
CHE FARE?
Mi auguro che a Roma la nuova amministrazione, dopo i recenti disastri, cerchi di risolvere immediatamente almeno i problemi quotidiani che hanno fatto sprofondare la città nella vergogna: la raccolta di rifiuti, la pulizia di marciapiedi e strade, la manutenzione di asfalti e pavimentazioni, l’illuminazione pubblica, la cura dei giardini e dei parchi. E poi, naturalmente, più bus – nuovi e moderni – e manutenzione efficiente di quelli esistenti. Credo anche che i problemi più drammatici e difficili, perché coinvolgono questioni sociali prima ancora che urbanistiche (convivenza tra disagiati, mancanza di servizi e di luoghi di cultura, nomadi, spaccio, delinquenza diffusa) siano quelli che hanno portato le periferie ad un forte degrado. Forse sono la priorità assoluta, ma su questo non sono in grado e non voglio esprimermi.
Invece, restando nel mio campo e limitandomi ad opere pubbliche comprese nei quartieri centrali e semicentrali di Roma (che conosco meglio), provo ad elencare alcune azioni semplici e indifferibili (già note, ma ignorate) e altre più complesse e a medio o lungo termine.
MOBILITA’
Uno dei problemi più gravi è quello del parcheggio in doppia fila e parcheggio in divieto. Occorre agire sul corpo dei Vigili Urbani, lobby parassitaria e potente, trovando il modo di aumentarne il numero anche con l’istituzione di corpi speciali sussidiari. Poi tutti i vigili devono essere su strada. Il lavoro di ufficio può essere coperto da altro personale. Il pattugliamento, soprattutto nelle zone commerciali, deve avviare una forte repressione della sosta in doppia fila con multe e rimozione forzata (a proposito che fine ha fatto il servizio di rimozione?).
Occorrono nuove corsie preferenziali, ma soprattutto devono esser gestite meglio quelle esistenti: cordoli dissuasori ovunque (che Alemanno aveva tolto), telecamere a rilevamento targa nei casi più delicati e, quando possibile, sensi di marcia invertiti tra traffico privato e mezzi pubblici (cfr via Nazionale).
Va completato il programma di ridisegno delle geometrie stradali nelle zone con edifici a blocco e negozi, con nuove curvature agli incroci e delimitazione stalli di parcheggio (già effettuato in alcuni quartieri come Prati, Italia,Trieste, ecc…).
Va sistemata la viabilità in luoghi in cui ancora permane una circolazione provvisoria. Alcuni esempi: la viabilità attorno all’Auditorium è ancora quella precedente alla inaugurazione della struttura, inadeguata al luogo, con il paradosso di una rotatoria attorno al Palazzetto dello Sport che funziona in senso inverso.
Su Lungotevere Arnaldo da Brescia, tra Piazzale Flaminio e il ponte della Metropolitana ci sono, da oltre 10 anni, recinzioni per lavori inesistenti. Perchè? La Piazzetta di Santa Costanza, a lavori per la metropolitana completi, è ancora transennata. Perchè? Ma a Roma ci sono una enormità di spazi residuali non risolti. Occorre un censimento sull’intera città di queste situazioni paradossali e un intervento immediato.
RIPRESA LAVORI OPERE INCOMPLETE E/O ABBANDONATE.
E’ un problema nazionale, ma oltremodo grave per Roma. Un Assessore all’Urbanistica ha il dovere di porsi questa come priorità, attivando un censimento e studiando le modalità per ottenere i finanziamenti o gli accordi necessari per il loro recupero. Qui gli interventi sono più complessi e lunghi. Alcuni esempi.
Innanzi tutto la Metropolitana Linea C. E’ assurdo che una linea arrivi al centro città e poi si fermi. Credo che una amministrazione seria che guarda al futuro debba assolutamente impegnarsi per rifinanziarla almeno sino a Piazzale Clodio, come è anche assurdo che ci voglia tanto tempo per risolvere le complicazioni conseguenti la presenza di resti archeologici. Una amministrazione forte risolve i problemi di questo tipo, perché le linee metropolitane sono l’unico vero antidoto al traffico privato.
Per quanto riguarda le altre opere, per fortuna sembra che il Centro Congressi di Fuksas all’EUR sia ormai vicino alla inaugurazione.
Ma, dalle Vele di Calatrava agli ex Mercati Generali dell’Ostiense; dalle attrezzature integrative su via Innocenzo III della Stazione S. Pietro alla sistemazione definitiva del laghetto dell’EUR, dal recupero delle torri di Ligini all’EUR di Alfiere S.p.A. al prolungamento della Linea B della Metro, indipendentemente dalle colpe del passato, è indegno per una città come Roma che i cantieri non riprendano e si concludano. Accanto all’Ospedale San Camillo ci sono le strutture abbandonate del Forlanini, un ospedale storico di Roma, un patrimonio in abbandono e degrado da recuperare anche attraverso una convenzione pubblico-privato.
Infine le aree della ex Fiera di Roma sulla Colombo e degli ex Magazzini Militari a via Guido Reni, da anni in abbandono, per le quali l’amministrazione uscente di centrosinistra aveva avviato ipotesi di accordi pubblico-privato che includono la realizzazione di volumetria residenziale e commerciale. E qui si entra in un campo pragmatico: è meglio l’abbandono a tempo indeterminato di aree pregiate, ma private, nel cuore della città che ne mortificano la dignità, oppure la scelta di una contrattazione con le proprietà pur di controllarne al meglio il riutilizzo? In tutto il mondo si sceglie la seconda strada. In particolare su via Guido Reni l’ex assessore Caudo aveva lanciato un concorso affinchè, oltre alle volumetrie private, ci fosse l’impegno della proprietà a realizzare il Museo della Scienza. Il concorso è andato a buon fine (anche se, a mio avviso, ha vinto un progetto scadente in un contesto con troppa volumetria), ora si vedrà l’intenzione della nuova amministrazione.
NUOVE OPERE
L’atto cui l’ex Sindaco Marino ha avviato la sua amministrazione, la chiusura di via dei Fori Imperiali, ha aperto un problema ma non lo ha concluso. Se la pedonalizzazione dovesse essere confermata, non sarà possibile conservare l’enorme carreggiata stradale asfaltata. Occorreranno ancora interventi sulla viabilità e soprattutto un progetto di risistemazione generale della quota stradale con una nuova pavimentazione, nuova illuminazione, arredo urbano adeguato e, se il caso, anche altri scavi. Per sistemare e rendere fruibili le aree archeologiche di Piazza Augusto Imperatore e di Piazza Argentina ci sono progetti pronti e, credo, finanziati. Cosa si aspetta?
Il Foro Italico è un caso particolare purtroppo poco considerato dalla politica. Giace in una condizione di grande trascuratezza. Gli splendidi mosaici sono in rovina. Lo Stadio Olimpico con le ritualità domenicali e le sue recinzioni posticce lo ha già alterato, gli Internazionali di tennis e gli spazi per la festa e la musica estiva ne hanno logorato i marmi, le pavimentazioni e il verde.
Soffrono alcuni gioielli architettonici, come gli edifici di Del Debbio, lo Stadio del Tennis di Costantini scavato nel terreno e oppresso dal vicino – e molto brutto – nuovo centrale.
Soffre la casa della scherma di Moretti, solo parzialmente restaurata. E’ necessario un programma di restauro e recupero. Ma non solo. Di fronte, il Ponte della Musica appare come oggetto estraneo: chi viene dalla’altra sponda del Tevere si trova davanti una pericolosa strada di scorrimento veloce.
E’ necessario prolungare sino al Foro Italico il transito pedonale che proviene da via Guido Reni (Musei) interrando il lungotevere Maresciallo Cadorna (trincea o sottopasso) da Piazza Maresciallo Giardino sino ad oltrepassare il Ministero degli Esteri, per poi risalire in quota prima di Ponte Milvio. Sarebbe una eccezionale opera pubblica perché darebbe continuità spaziale e pedonale tra il Foro Italico – “parco di pietra” – e il margine del Tevere – “parco fluviale”.
Infine i nuovi stadi per il calcio, che risolverebbero in parte anche il problema del Foro Italico. Si può amare o no il pallone, ma non si può negare che lo stadio in tutto il mondo sia il grande teatro di massa del XXI secolo per lo sport e lo spettacolo. Gli stadi per il calcio, che comportano l’affollamento di decine di migliaia di persone vanno previsti lontano dal centro, dove spesso non esistono infrastrutture per la mobilità né servizi. Quindi le società sportive che lo vogliono realizzare non solo dovranno finanziarne la costruzione ma dovranno anche realizzare la viabilità di accesso e le necessarie infrastrutture pubbliche. Riferendoci all’area di Tor di Valle per lo Stadio della A.S. Roma si conferma la necessità di un accordo pubblico-privato che, a costo zero per il Comune, dovrebbe finanziare la mobilità con il potenziamento di due stazioni della metropolitana, l’adeguamento di via Ostiense in attesa da anni, una bretella di collegamento con l’autostrada, la mitigazione di un rischio idraulico in aree limitrofe e un parco pubblico; ovviamente con una componete di utile immobiliare che finanzi tutto questo, oltre lo stadio con i suoi servizi. Scandalizzarsi per queste procedure vuol dire essere fuori dalla realtà di una economia di mercato che, volenti o nolenti, ci coinvolge tutti.
Ricordando l’E42, l’Esposizione Universale incompiuta che avviò la costruzione dell’EUR; le Olimpiadi del ’60 che oltre al quartiere modello del Villaggio Olimpico, realizzarono le uniche opere pubbliche in una città, fino ad allora, riempita solo di palazzine, il Giubileo del 2000 che risolse molti problemi di mobilità urbana; ma anche pensando alla Esposizione di Genova del ’92, ai Giochi Olimpici Invernali di Torino del 2006, o all’Expo’ di Milano dell’anno passato, tutte città risorte dopo anni grigi, penso che, soprattutto per trasformare Roma, ci vorrebbe un grande evento. Perché purtroppo in Italia – e a Roma in particolare – solo con i grandi eventi arrivano risorse e si sconfigge la burocrazia.
Questo e molto altro ancora ci si aspetta da una amministrazione comunale e dagli assessori che si insediano con lo slogan di salvare Roma. Per ora conosciamo solo i nomi e il curriculum, aspettiamo di conoscere quello che faranno.