Il regista di Last Flag Flaying, presentato in anteprima il 28 ottobre alla Festa del Cinema di Roma e in uscita a novembre, Richard Linklater, è anche l’autore del celebre Boyhood, il film lungo 12 anni (di riprese) che vinse molti premi tre anni fa. Questo film del 2017, ambientato nel 2003 nel vivo delle menzogne della amministrazione Bush, si presta a diverse letture: è un road movie che racconta il ritorno a casa del corpo di un marine USA morto in Iraq; è uno sguardo sulla condizione dei soldati americani in guerra; è la storia di una amicizia che lega tre uomini di mezza età accomunati dalla esperienza della guerra nel Vietnam; è un divertente contraddittorio sulla fede religiosa.
Tre bravi attori, tra cui spicca l’interpretazione eccezionale di Bryan Cranston, già protagonista della fortunata serie Breaking Bad, caratterizzano personaggi nei quali la rabbiosa sofferenza del ricordo della guerra nel Vietnam si alterna alla gioiosa complicità per le trascorse avventure da “maschi”. Ma il legame più forte è proprio quello di avere partecipato insieme ad una guerra lunga e cruenta nella quale unico mezzo di sopravvivenza mentale era il rifugio nella anestesia delle droghe. Schiacciati tra i ricordi atroci di una guerra passata e la cruda evidenza di una guerra in corso che restituiva il corpo di un figlio, i tre ritrovano l’equilibrio perduto e la speranza per il futuro davanti alla bara del soldato morto.
La tonalità del film rispecchia i diversi piani del racconto, adattandosi ai caratteri e ai sentimenti di tre personaggi molto diversi tra loro: il padre, rinchiuso nel dolore per la morte dell’unico figlio, il sacerdote nero rigenerato dalla sua donna e dalla fede, e il barista, restituito dalla guerra ad una vita solitaria e scomposta. Dal ripetuto confronto tra queste anime tanto lontane, ma vicine come testimoni di guerra, il film trasmette emozioni, alternando commozioni e sorrisi.