
In una intervista a Venezia, dove il film Miss Marx è stato presentato quest’anno, la regista Susanna Nicchiarelli ha detto “L’Ottocento ci sembra lontano, ma in realtà è molto meno lontano di quanto pensiamo”. Miss Marx è un film d’autore. Nel senso che la regista in questo caso seppure rispettando l’autonomia degli specialisti di settore, entra in tutte le fasi della costruzione di un film, dal soggetto e sceneggiatura, alla scelta degli attori, delle musiche, sino all’editing finale. Nicchiarelli, come per Nico (2017), con questo Miss Marx lavora con una troupe italiana, ma gira con attori stranieri di qualità, proponendosi sia per tematiche che per linguaggio in un ambito cinematografico difficile e selezionato, ma di respiro internazionale.

Possiamo definire Miss Marx un film omogeneo e coerente, che affronta temi attuali senza cadere nella ovvietà del mainstream contemporaneo. Il problema del rapporto figlia-padre e donna-compagno, il conflitto tra ideologia e vita quotidiana, l’alternativa tra impegno politico e disincanto profano, sono rappresentati senza scelte partigiane né giudizi morali, ma come inevitabili conseguenze di un particolare status culturale. E proprio qui è l’attualità del film dichiarata da Nicchiarelli: la condizione intellettuale conferisce coscienza e sapienza, ma non determina certezze né sicurezza. Eleanor Marx ama la vita e i piaceri, al tempo stesso soffre per la sua condizione di donna. Stima immensamente il padre, ama il suo uomo e segue gli amici, si entusiasma e canta l’Internazionale, accetta i privilegi del benessere. Eppure soffre non solo per un proletariato sfruttato, ma anche per i segreti di famiglia e per la svanita illusione di un grande amore. Appunto: l’Ottocento è ancora tra noi, nelle nostre contraddizioni. E allora la musica rock e il ballo scomposto della protagonista ce lo dichiarano apertamente.

Nonostante l’accurata ricostruzione di riferimenti storici e ambientali che hanno accompagnato la breve vita della figlia di un grande protagonista del XIX secolo il cui pensiero è passato alla storia, nel film non c’è alcuna venatura ideologica, anzi un intenzionale distacco emotivo dalle vicende politiche, che a poco a poco si trasforma nella partecipazione sincera alla drammatica condizione di una donna sofferente.
Trovo straordinario il film Fiore a partire dal titolo, che non poteva essere più azzeccato..un fiore,la vita della protagonista ..un fiore dai colori spenti ..un istinto però a vivere l’amore… emozione intensa che sa accendere la speranza, si quella cosa che conunque si pensi non è passività ma è voglia di credere nel cambiamento…
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