Basterebbe attraversare una strada.
Alle considerazioni che seguono occorre una premessa. Dopo cinque anni di “niente”, Roma ha bisogno di essere rigenerata nel senso pieno della parola; e dopo pochi mesi di una nuova consiliatura sembra che le cose possano veramente cambiare, anche in virtù delle possibilità offerte dal PNRR. Dunque, come cittadino e architetto accolgo con entusiasmo ogni iniziativa che riguarda la realizzazione di opere pubbliche nel segno della trasformazione e modernizzazione della città. Ma ciò non esclude che si possa entrare nel merito.

Ai primi di febbraio a Roma, in una non casuale contemporaneità, viene celebrato il lancio del concorso per l’ampliamento del Museo delle Arti del XX secolo (MAXXI), mentre in Campidoglio viene approvata una delibera per realizzare in via Guido Reni, proprio di fronte al MAXXI, un Museo della Scienza, opera pubblica compresa nel progetto di un nuovo quartiere residenziale, esito di un concorso internazionale espletato circa otto anni fa. Le due iniziative hanno una lunga storia.
Il MAXXI di Zaha Hadid, dopo il concorso del 1998, ebbe un cantiere travagliato da una intermittente erogazione di fondi; fu poi inaugurato nel 2010, ma con la riduzione dei volumi, quelli sul fronte opposto di via Reni, lungo via Masaccio.

Il Museo della Scienza era stato previsto nel bando di concorso del 2014 sull’area di proprietà Cassa Depositi e Prestiti (ex Magazzini Militari) insieme ad un quartiere residenziale, ma il bando e l’incarico affidato al vincitore prevedevano la realizzazione solo di residenze, un hotel, servizi commerciali e verde. Le opere pubbliche, un Centro Municipale e un ipotetico Museo della Scienza erano a carico del Comune. Ma, essendo un intervento di privati su area privata, CDP doveva, secondo legge, cedere le aree di uso pubblico e corrispondere gli oneri di urbanizzazione. Il Centro Municipale con biblioteca è stato avviato con un concorso specifico e fa parte degli oneri di CDP, mentre del Museo della Scienza per anni non si è saputo più nulla, causa l’entità e la complessità dei costi e della futura gestione.

Torniamo ad oggi. In una affollata partecipazione di eminenze politiche e nella alternanza dei relatori (Ministro della Cultura Franceschini, Ministro della Difesa Giovannini, Presidente della Regione Lazio Zingaretti, Sindaco Gualtieri, Presidente della Fondazione MAXXI Melandri, e molti altri) è stato presentato il concept dell’ampliamento dell’attuale MAXXI. L’area prevista è sostanzialmente quella della parte cancellata dell’iniziale progetto di Zaha Hadid, oggi “politicamente scorretta”, considerato l’uso massiccio del cemento armato e poche soluzioni riferite al risparmio energetico; dunque, un progetto da rivedere, anzi, da rifare in ragione dei nuovi indirizzi di sostenibilità ambientale. Giusto così. I relatori hanno tutti elogiato l’iniziativa senza tralasciare alcuno dei termini oggi riferiti in modo compulsivo alle opere pubbliche, sostenibilità, rigenerazione, accessibilità, inclusione, innovazione, spazio green, carbon neutrality, sistema domotico, smart energy, ecc…

Dobbiamo invece a Margherita Guccione, direttrice del Museo e intervenuta alla fine, la parte più sostanziale e concreta delle notizie sul progetto di ampliamento. Innanzi tutto, i tempi: tra concorso, progettazione esecutiva, appalto e realizzazione tutto si dovrebbe concludere entro il 2026; una visione ottimistica secondo me, ma anche secondo la stessa Guccione; poi i costi: sono a disposizione 15 milioni del Ministero della Cultura, 20 del Ministero delle Infrastrutture, 2,5 dal PNRR; in totale 37,5; l’opera dovrebbe costare complessivamente 42 milioni, la parte restante dovrebbe essere coperta dagli incassi.

Ora, tornando sulla sponda opposta di via Guido Reni, laddove sorgerà il quartiere “Città della Scienza”, al momento sono a disposizione da parte di CDP 43 milioni per oneri di urbanizzazione (fonte Municipio II); somma che, non casualmente, coincide con quella dichiarata in sede comunale come disponibile per l’avvio del programma per il Museo della Scienza. Ma allora ci poniamo alcune domande. Se questi fondi saranno trasferiti alla realizzazione di un nuovo museo, chi coprirà i costi della riurbanizzazione di via Guido Reni? Questa strada è prevista come boulevard alberato, lungo il quale scorrerà una nuova linea tranviaria e una importante pista ciclabile e sotto la quale dovrà necessariamente essere previsto un parcheggio pubblico multipiano a servizio dell’imponente complesso museale. Non sarebbe stato meglio adottare una visione forse meno appariscente (e conveniente) sul piano politico, ma certamente più efficace, rinunciando all’ampliamento del MAXXI, che dispone già di ampi spazi espostivi (più di 20.000 mq al coperto e altrettanti all’aperto), e convogliare invece i previsti 37,5 milioni al finanziamento del nuovo Museo della Scienza che dovrebbe completare la rigenerazione dell’intero quartiere? Tanto più che dalle descrizioni del concept e dalle prescrizioni del bando l’ampliamento del MAXXI avrebbe destinazioni collegate alla tecnologia e alle scienze molto vicine a quello che oggi può essere un hub di conoscenze e sperimentazioni multidisciplinari come un Museo della Scienza.
Per avere la conclamata integrazione museale e spendere meglio i soldi sarebbe stato sufficiente attraversare una strada. Ma forse la potenza di fuoco del duo Franceschini-Melandri si potrà esprimere meglio nella risonanza mediatica di una realtà già funzionante, piuttosto che nelle incertezze e dubbi di una iniziativa del tutto nuova. Auguriamoci che si possano realizzare entrambi gli interventi.

FINALMENTE QUACOSA SI MUOVE. SI RICOMINCIA A PENSARE A ROMA E AL SUO FUTURO. DOPO RUTELLI E VELTRONI IL DESERTO ANCHE SOLO DI PROPOSTE (A PARTE LA FUNIVIA….)
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