L’EUROPA DAL SATELLITE
L’immagine dell’Europa ripresa dal satellite di notte ci dice sostanzialmente 3 cose:
La prima è che la luce illumina in modo diverso gli stati e i territori, un indicatore non solo degli agglomerati urbani e della densità abitativa, ma anche delle attività produttive e quindi del benessere. La seconda cosa è che ci sono luci concentrate – quasi stelle – e luci diffuse linearmente o in forma di massa; nel primo caso corrispondono alle grandi metropoli (Londra, Parigi, Madrid, Roma, ecc…), nel secondo alle conurbazioni diffuse, un fenomeno chiamato sprawl (ad esempio Paesi Bassi, Pianura padana, Costa adriatica, Renania, Costa catalana, ecc…). Infine, la terza, che L’Italia per intensità di luci è una delle più intense per concentrazioni e diffusioni; non appare meno luminosa di Gran Bretagna, Francia, Germania, ecc… così nel bene e nel male, l’Italia ci appare dal punto di vista fisico perfettamente integrata nell’Europa, anzi una delle nazioni con il più alto tasso di “energia”. Voglio usare proprio questa parola – energia – sia nel senso negativo che positivo.
Se poi allarghiamo lo sguardo del satellite per abbracciare l’intero pianeta terra, ci accorgiamo che l’Europa per densità di energia luminosa appare confrontabile con gli USA, e superiore alla Russia, all’India e all’insieme orientale Cina-Corea-Giappone affacciati sul Mar d’Oriente.
GUARDIAMO ROMA E IL SUO TERRITORIO
Alcuni numeri su Roma Capitale: Superficie: 1.285 Kmq (pari ad un quadrato di lato circa Km. 36×36). Solo Londra in Europa ha una superficie maggiore (1.572 Kmq). Aree protette e parchi pubblici: 415 Kmq, circa 1/3 della superficie comunale. Abitanti residenti: poco meno di 3 milioni
Dal 1870 in poi Roma non è stata amata dagli Italiani e dai suoi governi. Non ha mai avuto una legge che le garantisse l’interesse primario dello Stato con finanziamenti speciali e mirati. Solo in occasione di “grandi eventi” sono state erogate a Roma risorse pubbliche straordinarie, come per le olimpiadi del 1960, che comunque appesantirono il bilancio comunale, o per il Giubileo del 2000. Nel 2010 è stato riconosciuto formalmente a Roma anche lo status di ente territoriale “Roma Capitale”. Ma non è stato un reale passo avanti, perché l’autonomia è presto apparsa più formale che reale. La legge fissava una erogazione statale di 500 milioni di euro l’anno, come anticipazione vincolata ad un rigoroso piano di rientro. Anche oggi, appena si parla di un sostegno finanziario statale per la città capitale, sia scatenano proteste (a volte anche un vero “fuoco amico”), tutto si blocca e Roma resta abbandonata alla cattiva amministrazione e ai suoi debiti.
Sembra incredibile che una città da oltre duemila anni cardine della civiltà occidentale, spesso caduta in disgrazia ma sempre risorta, celebrata per le sue incomparabili ricchezze storiche e monumentali, non possa essere al livello delle altre grandi metropoli europee. Guardiamo alla sua condizione fisica, quindi agli aspetti urbanistici e architettonici. Il degrado di Roma non dipende solo da cattiva amministrazione (oggi forse la peggiore di sempre), ma da una condizione strutturale: Roma non riesce ad essere moderna. Modernità è una parola scomoda, oggi spesso fraintesa. In termini generali la modernità è un concetto non assoluto, ma relativo al suo tempo. Provo a definirla così:
modernità è quell’insieme di atti contemporanei che si materializzano nel campo civile, sociale, letterario, scientifico ed artistico, i quali, senza entrare in conflitto con l’antico, riescono a depositarsi nella memoria collettiva. Ne consegue che la modernità è un concetto relativo, ogni valore del passato è stato, nel suo tempo, un fenomeno di modernità.
La modernizzazione per una città non è tanto quella di far funzionare meglio i servizi e realizzare edifici di buona qualità, ma quella che incide nella struttura stessa della città secondo una visione proiettata nel futuro. Cerchiamo di ritrovarla in alcune trasformazioni delle principali metropoli europee.
GUARDIAMO LE GRANDI CAPITALI D’EUROPA
All’inizio del Novecento la fiducia per il progresso delle scienze e delle arti, quindi per la modernità, era altissima. Nonostante la tragedia della prima guerra mondiale, aveva preso corpo anche un nuovo modo di intendere l’urbanistica. Nel 1933 gli architetti più celebri, quasi tutti europei, che si riunivano periodicamente nei Congressi Internazionali di Architettura Moderna (CIAM), scrissero un manifesto – La Carta di Atene – che definiva i caratteri fondamentali della città moderna. La città moderna non sarebbe più stata costituita da case allineate lungo le strade e da piazze con edifici pubblici come era stata pensata per secoli; bensì suddivisa in zone monofunzionali (residenziali, lavorative, ricreative, a verde e sport, ecc…); la viabilità non sarebbe stata più su un unico livello, ma differenziata in quote diverse separando la circolazione pedonale da quella veicolare e da quella ferroviaria.
Parla di questo un libro, scritto e pubblicato negli USA mentre in Europa infuriava la seconda guerra mondiale, che tutti dovrebbero leggere, anche chi non è esperto di architettura e città: si titola Spazio, Tempo, Architettura, l’autore si chiama Sigfried Giedion. E’ stato tradotto in italiano nel 1954 e più volte ristampato sempre con la stessa copertina che sovrappone alla reggia di Versailles uno snodo autostradale moderno. L’opera parla della modernità in campo architettonico ed urbanistico, senza vederla in contraddizione con l’antico.
Le grandi modernizzazioni urbane degli ultimi secoli prendono origine non solo dalla buona politica, ma anche da grandi eventi internazionali (Expo’, Olimpiadi, celebrazioni di regime, ecc…) e interessi immobiliari. Sarebbe antistorico non ammetterlo e non considerarne la finalità anche finanziaria. Citiamo alcuni esempi che hanno caratterizzato alcune capitali europee nel loro tempo ma anche nel loro futuro.
Londra al di la della Brexit è la più europea delle città europee. Nella seconda metà del 1.700, la rivoluzione industriale aveva creato un affollamento demografico e condizioni di vita disumane per densità abitativa e igiene. Da allora la capitale della Gran Bretagna avviò una serie di interventi di trasformazione urbana, realizzando strade, piazze, circus e parchi che ne rinnovarono completamente l’impianto urbano e ne definirono il carattere di città capitale.
Ma Londra continua a trasformarsi ancora oggi. Alla fine del XX secolo l’intervento di recupero delle aree dismesse dei Docks sul Tamigi (Canary Wharf); poi la realizzazione del Queen Elizabeth II Olympic Park nell’area olimpica del 2012, poi destinato a residenze e verde pubblico; oggi la densificazione edilizia della City che evita l’occupazione di nuovo suolo e consente ulteriore slancio sia in termini di compattezza che di altezza.
Dal punto di vista architettonico ricordiamo il coraggioso intervento di ampliamento e modernizzazione del British Museum con la copertura del cortile e la Nuova Tate Gallery, ricavata dal recupero di una Centrale termoelettrica in disuso.
Parigi è la città delle grandi modernizzazioni dell’epoca tardo barocca tra Seicento e Settecento, prima con regge e castelli, poi con i sistema di piazze stellari. L’ascesa di Napoleone I coincise con la costruzione di Rue del Rivoli ed opere monumentali come poli del rinnovamento urbano. Ma la vera modernizzazione di Parigi è stata quella messa in atto da Napoleone III e dal barone Haussmann nella seconda metà dell’Ottocento aprendo grandi boulevard, regolamentando le facciate, attrezzando spazi verdi, migliotando l’arredo urbano, le fognature e la rete idrica i servizi pubblici. Parigi poi si è modernizzata ulteriormente nel dopoguerra, con la realizzazione del sistema Beauburgh – Les Halles – Bourse de commerce, il Parco della Villette dedicato alla cultura e alla scienza, la ristrutturazione del quartiere di Bercy realizzando il Ministero delle Finanze, il Parco e la Biblioteca Nazionale; e infine decentrando le grandi attività direzionali alla Defense.
Berlino, dopo i trionfi imperiali lungo l’asse Unter den Linden – Tiergarten, il fallimento della “Grosse Berlin” hitleriana e la tragedia dei bombardamenti, aveva perso il suo centro storico. La sua modernizzazione fu avviata ad ovest, negli anni Ottanta, ancor prima della riunificazione, con un programma di ricostruzione residenziale affidato ai migliori architetti del mondo.
Ma, caduto il muro, gli spazi vuoti che avevano segnato la separazione tra est ed ovest divennero oggetto di un complesso programma di ricostruzione che è culminato nella ristrutturazione di alcuni luoghi e piazze celebri, come la Potsdamer Platz e il Reichstag e nella realizzazione delle nuove strutture del Parlamento a ridosso dello Sprea. Oggi la Berlino moderna è tornata ad occupare il suo centro, recuperando i monumenti storici e cancellando le ferite della guerra.
Potrei continuare a ricordare recenti interventi di modernizzazione anche in altre grandi città europee, come Amburgo e Francoforte sempre in Germania, Vienna in Austria, Amsterdam e Rotterdam in Olanda, Madrid e Barcellona in Spagna, ecc… Ma Roma?
ROMA METROPOLI EUROPEA?
Roma ha vissuto esperienze analoghe alle altre grandi capitali europee? In passato si!
A parte la Roma dell’Impero, quella dei papi visse una grande stagione di modernizzazione nella seconda metà del XVI secolo con il piano disegnato da Domenico Fontana per Sisto V che collegava con tracciati stradali rettilinei le basiliche. Fu un vero e proprio piano regolatore dello sviluppo futuro della città, tanto che nella Roma capitale d’Italia nei primi Piani regolatori del 1900 molti degli stessi assi furono assunti come criterio urbanistico per una ulteriore espansione urbana (Quartiere Esquilino – Piazza Vittorio – via Merulana, sino a San Giovanni e oltre le mura).
A suo modo, con tutti i suoi limiti ed errori, e nonostante l’iniziale diffidenza di Mussolini, anche il Fascismo ha cercato di modernizzare Roma coinvolgendo grandi architetti italiani del tempo ed elevando la qualità delle infrastrutture e dei servizi. Ricordiamo la realizzazione della Città universitaria, del Foro Mussolini (oggi Foro Italico) e l’avvio dell’Esposizione Universale ’42, interrotta dalla guerra.
Nel dopoguerra la crescita della città è stata selvaggia aggredendo tutte le aree vuote con l’edilizia privata e l’abusivismo. Roma era diventata una città solo di case. In qualche modo i Giochi Olimpici del 1960 sono stati l’occasione per avviare un processo di modernizzazione, con opere pubbliche e di viabilità che ancora oggi costituiscono punti di forza della struttura urbana: il recupero dell’ex Foro Mussolini, oggi Foro Italico, divenuto grande parco sportivo della città; il completamento dell’ex E42 divenuto EUR; altri impianti sportivi di qualità e il Villaggio olimpico, gioiello dell’urbanistica moderna; la tangenziale est; il sistema di scorrimento Corso d’Italia/Muro torto. Negli anni seguenti è partito il grande piano dell’Edilizia economica e popolare (Legge n.167) che per molti anni ha risolto e calmierato il problema della casa.
Una modernizzazione particolare, che potremmo definire “immateriale e sociale”, è stata quella avviata dai sindaci Argan e Petroselli e dall’assessore Nicolini tra gli anni Settanta e Ottanta con l’apertura della linea A della Metro e l’invenzione dell’”Estate romana”, accorciando il gap tra centro e periferie. L’amministrazione Rutelli aveva puntato su tre direttrici fondamentali: potenziamento della mobilità su rotaia (piano del ferro), in gran parte realizzato; interventi diffusi per la riqualificazione degli spazi pubblici in periferia attraverso la realizzazione del programma Centopiazze; promozione di opere pubbliche attraverso il dispositivo dei concorsi, proseguito poi da Veltroni. Le due amministrazioni realizzarono, tra l’altro, l’Auditorium, la nuova teca dell’Ara Pacis, il MAXXI e il Macro, la Stazione Tiburtina, il Ponte Ostiense e il Ponte della Musica e fecero partire il programma per il nuovo Centro Congressi all’EUR, oggi completato. Opere di prestigio ma che non sono riuscite a ricomporre un quadro generale di modernizzazione urbana.
Nella città che oggi viviamo un processo di modernizzazione non c’è, quasi Roma fosse prigioniera della sua storia e della sua bellezza. Per constatare il suo ritardo rispetto all’Europa basta mettere a confronto uno degli aspetti più significativi della modernità, la rete della metropolitana. Confrontando le relative mappe, contiamo a Roma due linee e mezzo a fronte delle 14 di Parigi, delle 17 di Londra, delle 25 di Berlino, ecc… e senza contare le linee ferroviarie extraurbane.
Roma sconta ancora oggi lo strapotere di costruttori spesso collusi con la politica e collegati al malaffare; ma non giova un ambientalismo puramente ideologico, contrario alla modernizzazione, orientato a non modificare lo stato di fatto, lasciando, così, campo libero alla speculazione. Roma è il luogo degli interessi contrapposti e dei veti incrociati. Molti degli interventi di modernizzazione urbana di cui abbiamo parlato a proposito delle capitali europee, come anche quelli della Roma umbertina, hanno consentito profitti ai costruttori, eppure hanno contribuito alla qualità della città. E’ sbagliato demonizzare l’intervento privato, è invece fondamentale avere la forza politica di gestirlo e regolarlo.
Come lo scrittore Paolo Di Paolo aveva scritto qualche mese fa in un bell’articolo su La Repubblica, “… Lo skyline della città eterna è un eterno fermo immagine […], sulla eternità del passato di Roma nessuno può avere dubbi; sulla sepoltura del suo futuro cominciamo ad averne troppi”.
Anche per questo Roma ha bisogno di avere l’Europa vicino.
Bello e condivisibile. Manca forse qualcosa sui problemi strutturali della città così come è oggi: la sua enorme dispersione, la scarsa densità della popolazione che rende più costoso e difficile gestire i servizi, la mancanza di un riconoscimento economico in termini di trasferimenti statali degno di una capitale. Direi infine che alla base di tutto c’è la impossibilità per la politica di gestire razionalmente il territorio per una legislazione assolutamente carente. Ciò che è stato possibile a Parigi, Madrid e altrove non è stato possibile a Roma e quel che è peggio non lo sarà nemmeno nel futuro. Stefano
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molto bello ! Pg
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molto bello !
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Grazie, Stefano. Un accenno alla mancanza di fondi speciali nello scritto c’è. Su Roma e la sua crisi strutturale avevo già scritto precedentemente (cfr https://umbertocao.com/2018/12/03/4-parole-chiave-per-risollevare-roma/
e altri). Su futuro chissà, dipende dalla possibilità di trovare le persone giuste, ma io non dispero
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