A mente (quasi) fredda

rotto

L’ultimo, imprevisto “botto”, il Brexit, ha reso più distante lo sconcerto delle ultime elezioni amministrative, rendendo lo scenario internazionale sempre più caotico. Ma da qualche mese, prima con il referendum sulle trivelle, poi con le elezioni, quindi in previsione del referendum costituzionale, sui social, sui talk televisivi e persino sui giornali si sono perse le infinite sfumature che dovrebbero articolare la disputa politica. Ci siamo vestiti tutti di bianco o di nero, mai di grigio. Ma siccome preferisco le infinite sfumature di grigio, parlerò un po’ di me.

Dal Sessantotto in poi ho passato tutta la mia vita a sinistra, ma fuori dal PCI e fuori dai partiti, dando il mio voto talvolta al PCI-PDS-PD e talvolta a Rifondazione-SEL. Oggi non sono renziano, eppure condivido gran parte delle riforme del governo Renzi. Non la vivo come contraddizione e spiego perchè.

Non son renziano perché non sono disponibile a dare credito ad una sola persona. Non lo sono perché non mi piace Renzi come parla, come si muove, come ragiona. Non condivido la spaccatura insanabile che ha creato nel PD, il conflitto con l’esangue SEL, la presunzione di essere sempre vincitore, la vanità di essere l’uomo forte del paese.

Condivido invece le riforme del governo Renzi, perchè sono state determinate e concrete, una boccata di ossigeno dopo i tempi cupi di Berlusconi e quelli sonnolenti di Letta. Non ho mai amato il corporativismo sindacale, credo nel merito e ho una figlia disoccupata che farebbe qualunque lavoro anche senza garanzie, quindi ho apprezzato la riforma del lavoro. Ho pensato che anche 80 euro in più al mese per i disagiati fosse un sollievo. Ho provato soddisfazione per l’immissione in ruolo di tanti insegnanti precari, anche se, come accade in tutto il mondo, hanno dovuto abbandonare la loro città. Ho sempre appoggiato il massimo della libertà nei diritti civili e questo governo l’ha rivendicata come nessun altro governo aveva mai fatto. Sono portato al cambiamento e non sopporto che una costituzione vecchia di 70 anni non possa essere cambiata, soprattutto se conserva un bicameralismo che ha ritardato e spesso bloccato leggi e riforme. Sono favorevole ad una legge elettorale semplice, contraria alle liste aperte, che dia stabilità e continuità al governo del paese.

Istintivamente rifiuto le religioni e quindi anche le ideologie, ma ho paura del populismo. Mi sono sentito antifascista quando c’era ancora l’eco del ventennio e comunista quando questa parola alludeva ad un mondo di uguali, ma non ho mai sopportato l’Unione Sovietica né amato troppo gli Stati Uniti. Non stimo i politici, men che meno quelli battezzati via internet da qualche centinaio “cittadini”, e non credo che la classe politica rappresenti la parte migliore del paese. Eppure non mi sento giustizialista e, a proposito del “tutti ladri”, continuo a pensare che oggi non sia peggio di ieri. Almeno perché oggi i rospi vengono fuori.

Sono convinto che sia impossibile fare tanti soldi senza inquinare la propria coscienza. Detesto il culto del denaro e chi lo accumula. Preferisco chi lo spende per il suo piacere. Penso che la crisi che ci ha colpito sia crisi strutturale di un occidente che sta perdendo il suo primato nella economia globale, ma anche la sua storia. Sono contro il sistema bancario e la finanza della economia di mercato, ma non credo che oggi un governo occidentale possa andare contro questo sistema. Almeno per ora, perché in questo sistema ci siamo dentro tutti.

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